2007-11-14 15:46:39

"Fare della Bolivia una casa di fratelli per vivere e convivere con dignità". Messaggio dei vescovi del Paese al termine della loro Plenaria


“E’ indispensabile che il cambiamento verso nuovi orizzonti di pace, giustizia e convivenza fraterna, si realizzi nel rispetto della dignità della persona umana, della sua identità culturale e religiosa e che venga salvaguardata la libertà individuale e collettiva nell’esercizio dei diritti e delle responsabilità”: è quanto scrivono i vescovi della Bolivia sulla realtà Paese nel loro messaggio al termine della 85.ma Assemblea plenaria conclusasi ieri a Cochabamba. Riflettendo sul tema “Fare della Bolivia una casa di fratelli per vivere e convivere con dignità”, i presuli hanno discusso dei problemi sociali del Paese; nel documento conclusivo dell’Assemblea invitano ad evitare la violenza, le minacce o le manipolazioni di gruppi o settori della popolazione. “Il clima di tensione che si vive – si legge nel documento dell’episcopato – crea nei cittadini un sentimento di insicurezza di fronte al futuro, aggravato dai problemi economici, come la mancanza di lavoro e l’aumento del costo della vita, che pregiudicano in maniera diretta i più poveri e gli emarginati”. Per i presuli “è urgente recuperare il senso della razionalità nelle relazioni fra i boliviani, sradicando il ricorso alla violenza che è diventato quasi una pratica normale”, perché “solo ed unicamente con il dialogo costruttivo e sincero si potranno superare le differenze e si raggiungeranno le trasformazioni urgenti richieste per il Paese”. L’invito al dialogo, aggiungono i vescovi, “vale in modo speciale per l’Assemblea Costituente, perché possa responsabilmente configurare quei cambiamenti nella nuova Costituzione Politica dello Stato, che lo stesso popolo boliviano chiede”. I presuli sottolineano poi la necessità di una vita migliore per il popolo boliviano, “perché Dio ci ha fatti soggetti di diritti e di doveri nella creazione e nella storia”. “Dalla prospettiva del Vangelo della vita, che come Chiesa costantemente abbiamo annunciato – affermano i presuli – è motivo di speranza il riconoscimento che stanno raggiungendo i popoli indigeni e i settori storicamente emarginati nella nostra società, come attori e cittadini con pieno diritto”. (T.C.)







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