Catastrofe umanitaria in Somalia. Sono ormai quasi 200.000 i civili che nelle ultime
due settimane hanno abbandonato Mogadiscio e i suoi orrori. L’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i rifugiati lancia l’allarme per un esodo che appare disperato e
che rischia di squassare i fragili equilibri che ancora resistono in poche parti del
Paese. A Mogadiscio, denunciano le organizzazioni umanitarie, la sopravvivenza è ormai
impossibile. Come testimonia il direttore della Caritas Somalia, Davide Bernocchi,
raggiunto telefonicamente da Stefano Leszczynski:
R. - La
situazione umanitaria e il livello di violenza a cui si è giunti a Mogadiscio in questi
giorni ci stanno portando oltre la crisi, verso una situazione di vera e propria catastrofe
umanitaria. Basti pensare che solamente nelle ultime due settimane sarebbero fuggite
da Mogadiscio 173 mila persone e le Nazioni Unite calcolano circa 850 mila sfollati
dall’inizio dell’anno ad oggi.
D. - La situazione nelle altre parti della Somalia
è migliore, per esempio a Baidoa?
R. - La situazione è migliore sebbene sia
complicata anche dalle piogge stagionali che causano alcune inondazioni. Ma, soprattutto,
in un Paese di 8 milioni di persone circa, un milione di sfollati crea una situazione
di estremo disagio anche nel resto del Paese.
D. - Qual è ora la situazione
politica nel Paese e quali sono le aspettative dei somali?
R. - Le istituzioni
esistono ancora sebbene il primo ministro sia dimissionario; esiste un presidente,
esiste un governo, esiste un parlamento. Il problema è che di fronte alla ribellione
che è esplosa a Mogadiscio con l’arrivo delle truppe etiopi, questo governo non riesce
a mettere in campo nessuna iniziativa politica ma solo una logica militare.
D.
- Di cosa avrebbe bisogno oggi la Somalia da parte della Comunità internazionale?
R.
- Credo sia molto semplice. Si tratta di un intervento a livello di pressioni politiche,
fatte dagli attori giusti, che possano evitare questa catastrofe umanitaria che si
profila ormai molto vicina.