100 anni fa nasceva padre Pedro Arrupe, artefice del rinnovamento conciliare della
Compagnia di Gesù
Ricorre oggi il 100.mo anniversario della nascita di padre Pedro Arrupe, ventottesimo
preposito generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983 e artefice del rinnovamento
conciliare dei Gesuiti. In Spagna, in questi giorni, i mezzi di comunicazione hanno
dato ampio risalto alla figura di padre Arrupe. Per ricordare il gesuita basco si
è anche tenuta ieri una manifestazione a Bilbao, dove padre Arrupe è nato il 14 novembre
del 1907. Il servizio di padre Ignacio Arregui:
Ieri,
padre Pêter Hans-Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù, ha pronunciato
all’Università di Deusto (Bilbao) una lezione che chiamerei magistrale. Padre Kolvenbach
ha affrontato nel suo intervento l’intero periodo post-conciliare nella Chiesa e nella
Compagnia di Gesù. Tutto alla luce di quella che è stata l’esperienza personale di
Pedro Arrupe come preposito generale della Compagnia di Gesù. Padre Kolvenbach è riuscito
ad offrire una visione globale, della problematica situazione che si è vissuta dopo
il Concilio Vaticano II. Ed ha offerto alcuni chiarimenti fondamentali per poter valutare,
l’atteggiamento di Pedro Arrupe assolutamente identificato con il Vaticano II, ma
anche cosciente dei rischi, dei limiti, e perfino degli errori che potevano accompagnare
quella nuova esperienza. Molte le espressioni, le formulazioni di padre Kolvenbach
che meriterebbero di essere riportate. Ma, come sintesi dei tanti aspetti affrontati
nel suo intervento, può essere utile ricordare queste parole pronunciate da Pedro
Arrupe: “Siamo straordinariamente attivi nel trovare modi per impedire allo Spirito
di agire personalmente, ed è così che il Vangelo diventa allora lettera morta. Sono
profondamente convinto di una cosa: che senza una vera conversione personale, non
saremo in condizione di rispondere alle sfide che ci lancia questo nostro oggi”. Un
applauso che è durato parecchi minuti è stata la prova dell’interesse e dell’entusiasmo
con il quale il pubblico ha ascoltato il discorso di padre Kolvenbach che è durato
un'ora e quindici minuti. Erano presenti il vescovo di Bilbao, mons. Ricardo Blázquez,
presidente della Conferenza episcopale spagnola, il suo vescovo ausiliare, tutti i
superiori gesuiti, regionali, spagnoli e tante personalità della vita accademica e
politica di Bilbao e dei Paesi Baschi. (Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui)
Padre
Arrupe, che ha anche istituito il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, era convinto,
come Sant’Ignazio, che nella salute o nella malattia, in una vita lunga o breve, la
missione per la gloria di Dio non cessa di compiersi. Nella sua ultima omelia aveva
anche detto: “Senza dubbio sono passato attraverso molte difficoltà, piccole e grandi,
ma sempre aiutato dal conforto di Dio. Questo Dio nelle cui mani mi sento ora più
che mai”. Per un ricordo del gesuita basco, scomparso il 5 febbraio del 1991, ascoltiamo,
al microfono di Fabio Colagrande, il cardinale Roberto Tucci:
R. –
E’ stato un personaggio dell’immediato post-Concilio, un po’ travolto da tutte le
difficoltà di quel periodo, ma che ha rappresentato una forte spiritualità missionaria
e una forte radicazione nella spiritualità di Sant’Ignazio.
D.
– Cosa ha dato alla Compagnia di Gesù, a cui lei appartiene?
R.
– Ha dato il rinnovamento delle Costituzioni della Compagnia nel quadro dei documenti
del Concilio Vaticano II, soprattutto quello riguardante il rinnovamento della vita
religiosa alla luce del Concilio.
D. – Testimone
di questi anni anche travagliati del dopo-Concilio, Padre Arrupe come aveva letto
questo passaggio della storia della Chiesa?
R. –
L’aveva letto con grande fiducia e con grande entusiasmo; cercava di convogliare il
corpo intero della Compagnia, che era diviso come era un po’ diviso tutto il mondo
cristiano e cattolico in quel periodo. Lui è stato eletto quando il Concilio era verso
la fine, ma dopo è stato uno di quelli che ha vissuto, più interiormente, il cambiamento
del Concilio, cambiamento che naturalmente non era una rivoluzione ma semplicemente
uno sviluppo, una riforma, ma nella continuità.
D.
– Ecco, la Compagnia di Gesù come sta portando avanti questa eredità?
R.
– Soprattutto ispirandosi ai testi nei quali padre Arrupe ha espresso la sua spiritualità.
Io li rileggo, ogni tanto, perché quelli non sono criticabili; il suo 'governo', magari,
ha avuto dei lati meno positivi perché padre Arrupe era un uomo che aveva una grande
fiducia negli altri, e questo qualche volta non gli ha permesso di vedere subito delle
cose che andavano corrette nella vita della Compagnia in quel periodo un po’ turbolento
dell’immediato post-Concilio.
D. – Padre Arrupe visse
gli ultimi 10 anni della sua vita immobilizzato, per via di un ictus. Una biografia
particolare, la sua. Lei però, vuole sottolineare in particolare la spiritualità di
questo gesuita ...
R. – Padre Arrupe ha vissuto quegli
anni in maniera veramente esemplare, per cui qualunque sia il giudizio sul governo
della Compagnia nel periodo in cui lui è stato padre generale, rimane un tesoro, questa
sua maniera di vivere il suo isolamento, la mancanza di possibilità di comunicare
e la sua obbedienza; certamente ha sofferto molto delle decisioni che sono state prese.
In fondo, c’è stato un po’ una specie di commissariamento del governo della Compagnia,
ma ha sempre risposto con questa sua obbedienza e questa devozione al Papa, nonostante
tutto.