Tensione in Libano dopo il rinvio delle presidenziali: nuovo appello del Papa all'Angelus
Non trova soluzione in Libano la crisi politica che ha finora impedito l’elezione
del presidente della Repubblica. La seduta del Parlamento di Beirut, che doveva procedere
alla nomina del successore di Emile Lahoud, è stata nuovamente posticipata al 21 novembre.
Il movimento sciita libanese Hezbollah, appoggiato da Siria e Iran, ha intanto chiesto
la convocazione di elezioni politiche anticipate. Anche il Papa ha espresso, durante
l’Angelus domenicale, la propria apprensione per la grave situazione libanese, definendo
l’elezione del presidente “un passaggio cruciale, dal quale dipende la stessa sopravvivenza
del Libano e delle sue istituzioni”. Benedetto XVI ha inoltre rivolto un'invocazione
a Maria, affinché tutte le personalità politiche possano nutrire una vera passione
per il bene comune, tralasciando gli interessi di parte. Un intervento, quello del
Papa, che ha avuto una forte eco in Libano, dove è in corso la 41^ Assemblea Generale
dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici. Sentiamo, al microfono di Stefano Leszczynski,
padre Jean El Hachem, sacerdote libanese e responsabile dell’Ufficio scolastico dell’Ordine
dei Maroniti della Beata Vergine Maria.
R. -
Senz’altro questa preoccupazione del Papa viene ben vista, esprime un sentimento paterno
del Papa e i libanesi hanno molto bisogno di questo appoggio che Papa Benedetto esprime
attraverso i suoi interventi, tra i quali questo è stato considerato il più forte
dall’inizio del suo pontificato.
D. - L’ultimo tentativo
che c’è stato di elezione del presidente da parte dell’Assemblea nazionale si è svolto
in un clima di estrema tensione per i gravi attentati che lo hanno preceduto. Come
vive oggi la gente del Libano quest’attesa?
R. -
C’è molta preoccupazione, molta paura. Più di 40 deputati sono considerati come dentro
una prigione. Perché c’è sempre la preoccupazione del ritorno della violenza, la gente
sta vivendo in un clima molto triste e molti dicono che l’unica via per salvarsi forse
è emigrare. Questa è la preoccupazione forte che viene anche confermata oggi dal tema
dell’Assemblea dei Patriarchi e dai Vescovi cattolici in Libano sulla presenza cristiana
in Medio Oriente.
D. - Ci sono quindi anche delle
tensioni confessionali all’interno del Libano che ancora risultano così drammatiche
oltre a quelle politiche…
R. - In Libano non esistono
delle tensioni confessionali, né esiste un fondamentalismo forte, perché la preoccupazione
più forte è il probabile esplodere di un conflitto interno tra sunniti e sciiti. La
tensione non esiste tra cristiani e musulmani: la tensione è tra musulmani sciiti
e musulmani sunniti; i cristiani ci vanno di mezzo.