Don Oreste Benzi e il valore della sua vita spesa per la solidarietà nel ricordo del
premier italiano, Romano Prodi
Nella notte di nove giorni fa, nella sua parrocchia di Rimini, si spegneva don Oreste
Benzi, stroncato da un attacco cardiaco a 82 anni. Lunedì 5 novembre, migliaia di
persone da molte parti del mondo hanno partecipato alle esequie del fondatore dell'Associazione
Papa Giovanni XXIII, definito da Benedetto XVI un "infaticabile apostolo della carità",
per le sue numerosissime opere di accoglienza e assistenza in favore di malati, disabili,
prostitute, tossicodipendenti. Tra le testimonianze di chi ha conosciuto da vicino
don Benzi, Alessandro Guarasci ha raccolto quella del presidente del Consiglio
italiano, Romano Prodi:
R. -
La verità più grande di questi uomini è l’esempio, su questo non c’è dubbio. E lui
lascia un esempio di disinteresse totale per se stessi e di interesse verso gli altri.
Ma lascia anche qualcosa di più: una struttura di persone, la sua Comunità, che hanno
veramente la possibilità di continuare la sua opera in modo largo e profondo. E’ il
massimo che uno possa lasciare, ed è questo che secondo me è importante. Naturalmente
ancora più importante in uno che si dedicava alle categorie che tutti gli altri trascuravano.
D.
- C’è qualcosa che l’ha colpita in modo particolare della sua opera?
R.
- Quando andavo a trovarlo nella sua Comunità, in modo popolare potremmo descriverla
dicendo che c’era di tutto: ragazzi handicappati, ex prostitute, persone con disturbi
e problemi, e nello stesso tempo c’era e c’è ancora una cerchia di persone con una
carica forte, con una capacità di moltiplicare gli interventi che è, direi, assolutamente
unica. Lui poi era un tipo anche un po’ “svagato”… L’ultima volta che doveva venire
a cena a casa mia, di dieci minuti in dieci minuti di ritardo non è mai arrivato!
Si vede che ha incontrato qualche necessità, qualche problema, ma era questa la sua
bellezza: essere “trasandato” con se stesso e durissimo riguardo agli impegni morali
di una durezza estrema.
D. - Può essere considerato
anche un esempio per quanto riguarda il suo approccio nella lotta alla prostituzione.
Questo tipo di approccio può essere considerato anche un punto di riferimento anche
per le istituzioni, secondo lei?
R. - Non è facile.
Il suo era un punto di vista globale, totale: l’idea che si debbano punire severissimamente
i clienti delle prostitute è un’idea forte, ma non è certo un’idea facile da mettere
in pratica. Lui aveva sempre queste idee forti, come le deve avere colui che ha fortissimo
il senso del bene e del male. Certamente, quando si fanno queste cose i risultati
non sono sempre immediati, ma provocano una profondità morale, provocano una reazione
morale giusta, che è assolutamente straordinaria.
D.
- Dunque, secondo lei, l’approccio di lottare contro i clienti delle prostitute non
è facile da mettere in pratica?
R. - No, non è facile.
Su questi temi stiamo lavorando, anche a livello del Consiglio dei ministri, stiamo
discutendo proprio perché si possa svolgere un’azione riguardo la prostituzione che
rispetti i diritti, ma che nello stesso tempo possa arginare la diffusione di questo
fenomeno, che tutt’ora è così vasto e che anzi non ha nessuna tendenza verso la diminuzione:
negli ultimi anni, è notevolmente aumentato, è cambiata la natura e si è arrivati
a una prostituzione che ormai quasi è totalmente straniera, ma il fenomeno ha dimensioni
sempre più ampie.