Continua in Italia il dibattito sulla pillola abortiva RU-486
Continua il dibattito in Italia dopo la richiesta formale avanzata all’Unione Europea
dall’azienda farmaceutica francese Exelgyn di commercializzare nel Paese la pillola
abortiva RU 486. Il prodotto, che per i suoi sostenitori apre la strada ad un “aborto
facile”, potrebbe così entrare nella distribuzione in Italia all’inizio del 2008.
Ascoltiamo in proposito il commento di Eugenia Roccella, editorialista di Avvenire
e già portavoce del Family day. L’intervista è di Debora Donnini:
R. -
C’è in circolazione appunto questa falsa idea che si tratti di un aborto facile. Va
chiarito che cosa vuol dire “facile”: è più facile dimenticarsene per esempio sul
piano della prevenzione perché a quel punto è impossibile applicare la famosa prima
parte della Legge 194 di cui chiediamo da tempo l’integrale applicazione: cioè fare
interventi di aiuto alle donne che in realtà vorrebbero avere figli e ricorrono all’aborto
per motivi soprattutto socio-economici, perché non hanno soldi, perché sono magari
sole. Ma la facilità tecnica, cioè la facilità nel fare l’aborto, non è affatto vera:
è un aborto più difficile, molto più rischioso, molto più lungo e che soprattutto
provoca sofferenze. Questo è stato detto in tutti i protocolli e in tutte le sperimentazioni
della RU-486; inoltre è un metodo psicologicamente più invasivo perché il fatto che
una donna debba controllare continuamente il flusso emorragico e nel 56 per cento
dei casi riconoscere l’embrione, è chiaramente qualcosa di estremamente pesante e
colpevolizzante dal punto di vista psicologico.
D.
– La RU-486 è un prodotto pericoloso per la salute delle donne?
R.
– La RU-486 ha già fatto almeno 15 morti, ha una mortalità dieci volte superiore al
metodo tradizionale e questo secondo la più autorevole rivista di medicina nel mondo
che è il New England Journal of Medicine. In India ha provocato moltissime morti ma
non si sa nemmeno quante perché evidentemente è un discorso diverso avere un’emorragia
a Roma, ad esempio, vicino un ospedale piuttosto che in un villaggio perduto nel Rajastan.
Quindi è davvero una favola quella dell’aborto facile per le donne: è facile per la
società perché se ne dimentica, lo accantona: ed è facile per i medici abortisti.
D.
– Perché secondo lei, la legge 194, la legge sull’aborto, verrebbe scardinata dall’introduzione
di questa pillola?
R. – Si tratta, appunto, di motivi
tecnici. Si tratta non di un momento come l’aborto chirurgico ma di una procedura
a più passi, lunga, una procedura che dura almeno 15 giorni, quindi è evidente che
non può avvenire in ospedale. E’ chiaro quindi che la nostra legge, che prevede che
l’aborto avvenga nelle strutture pubbliche, è inconciliabile con una procedura di
questo genere altrimenti bisognerebbe tenere le donne almeno 15 giorni in ospedale.
E’ qui l’interesse politico di chi promuove la RU-486: è il fatto che una volta diffusa
- come è accaduto in Francia e come sta accadendo in Inghilterra – è automatico che
ad un certo punto la legge venga modificata nel senso che si consente l’aborto non
più nelle strutture pubbliche ma l’aborto fatto da medici diciamo “convenzionati”:
quindi una donna va dal medico, si fa dare le due pilloline, il foglietto con le istruzioni,
e poi se ne va a fare l’aborto a casa. Quindi facilita l’accesso all’aborto, facilita
la banalizzazione dell’aborto, come è accaduto in Francia dove c’è una nuova modifica
in discussione che permetterebbe la distribuzione della RU-486 direttamente nei consultori
anche alle minorenni senza consenso dei genitori. Quindi io posso andare nel consultorio,
mi danno il famoso foglietto con le istruzioni, le due pillole e mi rimandano a casa.