Conclusa ad Imperia l'Assemblea generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori
“Il pluralismo religioso e culturale della società in Italia: interrogativi ai consacrati”.
A cercare le risposte sono stati 150 religiosi che hanno partecipato ai lavori dell’Assemblea
generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM), riunita dal 5 novembre
fino ad oggi nella località ligure di Castellaro, nei pressi di Imperia. Roberta
Gisotti ha intervistato don Alberto Lorenzelli, presidente dei religiosi
italiani:
D. -
Mons. Lorenzelli, di pluralismo religioso e culturale si fa un gran parlare nella
società italiana, troppo spesso però - come sta accadendo in questi giorni - sull’onda
emotiva di drammatici fatti di cronaca. Come vivono i religiosi e le religiose questa
realtà di pluralismo, che sempre più interessa anche le loro case e conventi?
R.
– I religiosi si sono resi disponibili a quello spirito di accoglienza, così come
nello spirito del Vangelo il buon samaritano accoglie, lui straniero, colui che aveva
necessità. Ci sono situazioni di difficoltà, molte volte anche di non buon inserimento
nella nostra cultura. Ci sono tante persone che vengono per lavorare e che hanno necessità,
hanno bisogno di uscire dalle loro terre per ritrovare una qualità di vita.
D.
- Lei ha sottolineato la necessità per i consacrati di essere, sì, uomini del dialogo
senza dimenticare l’annuncio di Cristo. C’è questo rischio di annullarsi nell’accoglienza,
di assimilarsi all’altro perdendo la propria identità?
R.
– L’identità non va mai persa. Io credo che pur rispettando le altre religioni il
cristiano si presenta con la forza e la speranza dell’annuncio del Cristo. Io credo
che laddove ci sia un atteggiamento positivo di accoglienza diventi accoglienza anche
il saper rispettare il proprio credo.
D. - Sovente
gli uomini di Chiesa interpellati sui problemi dell’emigrazione non nascondono la
complessità della convivenza tra cittadini di diverse culture e religioni; al contrario
alcuni politici o cavalcano tesi buoniste o propugnano chiusure verso gli stranieri
ai limiti della legalità...
R. – Io credo che oggi
questa presenza massiccia che abbiamo delle realtà interculturali sia inarrestabile.
Mettersi in atteggiamento di rigidità credo non serva a nessuno, anche perché oggi
questa presenza maggiore proviene dall’est europeo e molti di questi Paesi oggi appartengono
all’Unione Europea. D’altro canto, ci sono altre realtà che bussano alla porta e non
è un problema solo italiano, non è un problema solo europeo, è un problema mondiale.
Questi movimenti ci interpellano.
D. – E la classe
politica deve essere interpellata e adottare delle strategie di integrazione, non
lasciare che le cose precipitino come spesso accade...
R.
– Sì, proprio perché molte volte si accolgono in maniera indiscriminata senza prospettive.
Chi viene qui, viene a ricercare una qualità di vita, che nel suo Paese non ha. Molte
volte poi nell’accoglienza non c’è il rispetto di dire “che cosa possiamo offrire
loro, in campo lavorativo, della casa, della scuola, della sanità”...tante attenzioni
che qualche volta vengono dimenticate.