Israele: la crisi dei visti continua a colpire sacerdoti e religiosi cattolici
Sono passati anni e, malgrado le promesse del governo israeliano, sacerdoti e suore
che escono da Israele per far ritorno continuano ad aver bisogno di un nuovo visto
di ingresso da parte di un consolato israeliano, che ottengono con grosse difficoltà
e che comunque impone mesi di esasperante attesa per il disbrigo delle pratiche. I
responsabili ecclesiastici di Terra Santa hanno preferito evitare proteste pubbliche,
cercando invece di ottenere un mutamento di linea tramite negoziati discreti con le
autorità civili competenti. Sulla questione Luca Collodi ha intervistato padre
David Maria Jaeger, giurista francescano, appartenente alla Custodia di Terra
Santa:
R. –
Il problema dei visti e dei permessi di soggiorno sta attraversando l’ennesima crisi.
Ogni volta i ritardi, i dinieghi, causano enormi problemi alla pastorale, al funzionamento
della Chiesa. Il problema di fondo è che in Israele non c’è nessuna normativa per
il rilascio dei permessi di ingresso e di soggiorno, eccetto quello che ti dice il
funzionario del giorno allo sportello. Invece ci vuole che ci siano norme che permettano
alla Chiesa di programmare ragionevolmente chi possa essere ammesso, come e quando.
Nell’accordo fondamentale con la Santa Sede del ’93, sarebbe stato previsto in linea
di massima il diritto della Chiesa a dispiegare il proprio personale nelle proprie
istituzioni. Risulterebbe un impegno comune di negoziare un patto circa questa normativa
e questo impegno è stato esplicitato tra le parti già nel marzo del ’94. Risulta che
c’era un accordo procedurale di negoziare precisamente un patto sulle norme per il
rilascio di questi permessi. Il che fino ad oggi non è avvenuto.
D.
– Al momento, la situazione praticamente come si svolge sul campo? Un sacerdote che
si deve muovere cosa fa?
R. – Attualmente ci sono
molti che attendono il rilascio dei visti. In casa mia c’è un sacerdote siro-cattolico,
destinato alla cura pastorale dei siri-cattolici di Gerusalemme. E’ l’unico sacerdote
abilitato al rito che vive lì, ma invece lui non può partire per Israele perché non
ha ricevuto il visto e non c'è nessuna indicazione se lo riceverà, quando lo riceverà
e come o che cosa dovrebbe ancora fare per riceverlo. Ci sono anche altri, molti dei
quali hanno ricevuto il visto per un solo anno o un solo ingresso. Per esempio, se
devono lasciare il Paese non possono rientrare, se non avendo fatto una nuova domanda.