Un testimone della speranza cristiana capace di leggere i segni dei tempi in modo
profetico. A 30 anni dalla morte di Giorgio La Pira, la riflessione del cardinale
Antonelli e dello storico Giovagnoli
Ricorre oggi il 30.mo anniversario della morte di Giorgio La Pira, figura straordinaria
di cristiano impegnato nella società civile. Deputato alla Costituente, sindaco di
Firenze per 15 anni, instancabile promotore di incontri per il dialogo e la pace,
La Pira sarà presto elevato all’onore degli altari. La sua causa di canonizzazione
“cammina speditamente”, sottolinea il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi, in un’intervista all’Osservatore Romano. Sull’eredità
spirituale di Giorgio La Pira, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione
del cardinale arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli:
R.
– Nella liturgia dei funerali di La Pira, il cardinale Benelli ebbe a dire: “Nulla
può essere capito di Giorgio La Pira se non è collocato sul piano della fede”. Quindi,
direi che tutto è eredità spirituale di Giorgio La Pira: la sua professione di docente
universitario, l’attività politica come membro dell’Assemblea Costituente, come deputato,
come sindaco, l’attività caritativa, culturale. Tutto è eredità spirituale, in quanto
tutto è ispirato da un grandissimo amore per il Signore Gesù Cristo. Lui scrisse:
“Il Signore mi ha fatto una grande grazia: il desiderio sconfinato di amarLo e di
farLo sconfinatamene amare”. Tutto è in lui santità laicale, santità di laico e tutto
è spiritualità, insieme contemplativa e attiva, spiritualità incarnata, come deve
essere quella di ogni cristiano.
D. - La Pira pregava
durante le sedute del Consiglio comunale e tra i tanti ricordi ce n’è uno particolarmente
significativo in questo contesto. Quando parlò al Cremlino, affermò che non si sentiva
solo, perchè era accompagnato dal suo Angelo custode e dalle preghiere di tante persone.
Si può dire, dunque, che per La Pira la preghiera era, è, la vera motrice della storia?
R.
– Sì, considerava la preghiera la più grande forza storica. Vedeva come in tutte le
tradizioni culturali la religione sia al centro, sia l’ispiratrice di tutto. Le sue
lettere alle claustrali stanno a testimoniare come lui sentisse decisiva la presenza
della preghiera per la sua stessa azione di sindaco, per la sua molteplice attività
sul piano anche politico, nazionale e internazionale, soprattutto per il suo impegno
per la pace nel mondo.
D. – “Spes contra spem”, sperare
contro ogni speranza, è il motto a cui La Pira è stato fedele tutta la vita. Si può
dire che La Pira è stato anche un profeta?
R. – Si
può dire che è stato profeta nel senso più vero della parola, nel senso in cui i Santi
sono profeti, perchè cercava di anticipare il Regno metastorico di Dio, di anticiparlo
nella storia, non solo nella sua vita privata, ma anche nella sua azione. Quindi,
confidando nella presenza del Signore Risorto, che è attiva, che è incessante nella
storia degli uomini, confidando appunto in questa presenza, era impegnato ad anticipare
i valori del Regno. E in questo senso era profeta: nel leggere i segni dei tempi e
cercare di anticipare i valori del Regno di Dio nella storia. Ecco il suo motto: “Spes
contra spem”. Era ben certo che con Cristo tutto è possibile, anche quello che umanamente
sembra fuori della nostra portata.
Giorgio La Pira
visse, dunque, in profondità il Vangelo tanto nella sua vita personale quanto nella
sua attività politica e sociale. Anzi, non si può capire l'azione politica di La Pira
prescindendo dalla sua fede. Lo sottolinea il prof. Agostino Giovagnoli, storico
dell’Università “Cattolica” di Milano, intervistato da Alessandro Gisotti:
R.
– Non si tratta soltanto di un uomo politico che svolge onestamente il proprio dovere,
ispirandosi a valori cristiani, c’è molto di più. C’è una capacità di lettura storica
alla luce della fede, che ispira la sua stessa politica. In questo senso, La Pira
è stato capace di coniugare un senso biblico molto forte e anche una concretezza di
realizzazioni estremamente sorprendente, perchè tutto ciò lo ha portato a compiere
azioni che hanno sorpreso molti: dal salvataggio della fabbrica Pignone, ai colloqui
per la pace nel Mediterraneo a Firenze, ai contatti con il mondo comunista e al dialogo
con gli esponenti delle altre religioni abramitiche. E’ davvero un politico non comune
e un politico non comune proprio grazie alla sua fede.
D.
– La Pira ha dimostrato lungo tutta la sua vita che la politica è qualcosa di alto,
di nobile. Un esempio, se vogliamo, guardando anche allo scollamento a cui assistiamo
oggi, tra la classe politica e i cittadini...
R.
– Credo proprio di sì. Usava spesso La Pira un’espressione: “Pilotare la speranza”.
Per La Pira la politica doveva fare questo. Egli non soltanto lo pretendeva da sé,
ma lo pretendeva anche da altri uomini politici, lo sperava da loro, richiamando i
suoi compagni, soprattutto nel suo partito e nel mondo cattolico a svolgere un’azione
che fosse in grado di aprire le porte al futuro. “Pilotare la speranza”, dunque, nel
senso che il contingente della politica deve sempre collegarsi a grandi progetti,
deve sempre guardare al futuro del mondo, deve porsi il problema del rapporto tra
le civiltà. La Pira è stato spesso definito un profeta. Certo, ha saputo guardare
molto avanti. Oggi la politica non soffre solo perché gli uomini politici sono ripiegati
sul proprio interesse particolare. Anche nei casi migliori, oggi, gli uomini politici
sono spesso privi di questa capacità di sguardo. E, ancora una volta, La Pira ci sorprende,
perché proprio egli ha saputo trarre dalla speranza cristiana indicazioni molto concrete
e alla fine anche efficaci.