Pakistan: ondata di arresti. Gli USA: Musharraf lasci la divisa
A due giorni dall’imposizione dello stato d’emergenza, in Pakistan la situazione rischia
di precipitare. Il presidente Musharraf ha smentito le voci dei suoi arresti domiciliari,
ma intorno a lui si sta creando il vuoto politico. Il segretario di Stato americano,
Condolleezza Rice, ha chiesto elezioni democratiche suggerendo poi a Musharraf di
dimettersi dal capo delle forze armate. Un incarico contestato dalla stessa opposizione
e dal movimento degli avvocati che oggi è sceso in piazza. A Karachi e a Lahore sono
stati numerosi gli arresti, circa 1.500, e le cariche della polizia. Preoccupazione
per quanto sta accadendo in Pakistan è stata espressa dall’Alto Commissario delle
Nazioni Unite per i Diritti Umani, Louise Arbour, che ha fatto appello alle autorità,
affinché chiariscano le ragioni di così tanti arresti. La Gran Bretagna ha chiesto
il rispetto dei diritti costituzionali, mentre l’Olanda ha interrotto il suo programma
di aiuti al Paese in risposta allo stato d’emergenza.
Sullo sfondo delle vicende
pakistane, dunque, la posizione presa da Washington, che ha minacciato la sospensione
degli aiuti a Islamabad, uno dei partner fondamentali per gli Stati Uniti nella regione
mediorientale, soprattutto in chiave antiterrorista. Quali conseguenze avrebbe una
rottura dei rapporti tra i due Paesi? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Elisa Giunchi,
docente di Storia e istituzioni dei Paesi islamici all'Università degli Studi di Milano:
R. – Devo dire
che non credo in questa eventualità. E’ vero che Condolleeza Rice ha fatto sapere
che l’amministrazione Bush potrà prendere in considerazione la possibilità di sospendere
gli aiuti al Paese, ma già ieri il portavoce del Pentagono aveva precisato che comunque
saranno esclusi quelli di tipo militare. A ciò aggiungerei che gli Stati Uniti si
rendono benissimo conto che non si può ignorare del tutto l’esercito pachistano che
controlla il nucleare e dal quale dipende l’avvicinamento con l’India sulla situazione
del Kashmir. Infine c’è tutta la questione relativa all’insurrezione talebana nelle
aree a sud e a sudest dell’Afghanistan.
D. – Quanto ha influito sulle vicende
degli ultimi giorni il rientro in Pakistan dell’ex premier, la signora Benazir Bhutto?
R.
– Sicuramente ha accelerato gli sviluppi politici interni. E’ vero che si andava profilando
un accordo, che ancora si potrebbe concretizzare, tra Musharraf e la Bhutto. Un’intesa
molto caldeggiata dagli Stati Uniti anche perché permette di tenere un esercito forte,
che controlla la politica interna, estera e il nucleare, e al tempo stesso allarga
le basi di un consenso nei confronti del governo. La Bhutto rappresenta, quindi, una
possibilità per Musharraf di rimanere al potere, anche se indirettamente come presidente
civile, ma anche un pericolo. E forse questa minaccia è quella che ha spinto Musharraf
a prendere la decisione di imporre lo Stato di emergenza. La Bhutto è infatti riuscita
a creare intorno a sé una opposizione molto vasta.