Il Pontificio Consiglio per i migranti invita a superare la diffidenza nei confronti
degli zingari
Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ha reso noto,
stamani, il documento finale del primo incontro mondiale di sacerdoti, diaconi e religiosi
zingari svoltosi a Roma dal 22 al 25 settembre scorso sul tema “Con Cristo al servizio
del Popolo zingaro”. E’ giunto il tempo – si legge nel testo – che si vinca l’immagine
che tende a “considerare gli zingari solamente come poveri da aiutare”: occorre sforzarsi
affinché si accettino “le ricchezze umane e spirituali di cui gli zingari sono portatori”.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nel documento
si chiede anche di “cercare modi adeguati per superare la generale diffidenza nei
confronti degli zingari e sollecitare un’apertura nella società che offra loro la
possibilità di inserirsi pienamente”. Si auspicano, inoltre, una mutua collaborazione
della Chiesa con le comunità zingare e la presenza, in ogni Paese, di animatori pastorali:
la cultura zingara, in fase di mutazione per l’influenza dei mass media e una maggiore
alfabetizzazione, offre nuove possibilità per l’evangelizzazione. Si raccomanda, quindi,
di tenere conto della visione e dell’esperienza religiosa di queste comunità con attenzione
particolare alla donna gitana, in quanto “portatrice di valori umani e religiosi nella
famiglia”. Nel documento si sottolinea, poi, che sia gli zingari sia i gağé, ovvero
tutti coloro che non sono zingari, sono coinvolti in atti di razzismo: per questo
– si afferma – “occorre che la razza non ci separi”, ma che “cerchi di favorire l’unità
nella diversità”. L’auspicio è che diaconi, sacerdoti e religiosi di origine zingara
assumano il ruolo di “ponte tra comunità zingara e gağé”. La relazione tra le due
comunità è falsata da un rigetto ancestrale. “Essa – si legge nel documento – si apre
alla ricerca della verità che le è propria, permeata dalla fiducia e dall’amore gratuito,
senza volontà alcuna di dominio”. E’ giunta l’ora – si sottolinea nel testo - di dare
al mondo “l’unico segno indicato da Gesù Cristo”, di offrire questo segno di amore
fraterno “più con gli atti che con le parole”, “più nel quotidiano della vita ecclesiale
che in manifestazioni straordinarie”. Agli zingari consacrati, definiti “ambasciatori
di Cristo”, è affidato dunque il dovere di incoraggiare, all’interno della società
e della Chiesa, il passaggio alla riconciliazione e alla comunione tra zingari e gağé.
Si stima che gli zingari siano circa 36 milioni sparsi in Europa, in America
e in diversi Paesi dell’Asia. I consacrati zingari sono un centinaio: almeno 20 sacerdoti
provengono dall’India, una decina dall’Ungheria. La Francia è, finora, l’unico Paese
dove il direttore nazionale della pastorale per gli zingari è un loro presbitero,
coadiuvato da 3 diaconi permanenti, 2 suore e una laica consacrata, tutti zingari.