All'Angelus il Papa ricorda San Carlo Borromeo, di cui oggi ricorre la memoria, e
lancia un appello per la risoluzione della controversia tra Turchia e Kurdistan iracheno
Il Papa all'Angelus ricorda il cardinale Carlo Borromeo e prima dei saluti fa un appello
per una soluzione pacifica e concordata dell'attuale controversia tra Turchia e Kurdistan
iracheno. Ecco le parole di Benedetto XVI all'Angelus:
Oggi
la liturgia presenta alla nostra meditazione il noto episodio evangelico dell’incontro
di Gesù con Zaccheo nella città di Gerico. Chi era Zaccheo? Un uomo ricco che di mestiere
faceva il “pubblicano”, cioè l’esattore delle tasse per conto dell’autorità romana,
e proprio per questo veniva considerato pubblico peccatore. Avendo saputo che Gesù
passava per Gerico, quell’uomo fu preso da un grande desiderio di vederlo, ma, essendo
basso di statura, salì su un albero. Gesù si fermò proprio sotto quell’albero e si
rivolse a lui chiamandolo per nome: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi
a casa tua” (Lc 19,5). Quale messaggio in questa semplice frase! “Zaccheo”: Gesù chiama
per nome un uomo disprezzato da tutti. “Oggi”: sì, proprio adesso è per lui il momento
della salvezza. “Devo fermarmi”: perché “devo”? Perché il Padre, ricco di misericordia,
vuole che Gesù vada a “cercare e salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10). La grazia
di quell’incontro imprevedibile fu tale da cambiare completamente la vita di Zaccheo:
“Ecco – confessò a Gesù – io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho frodato qualcuno,
restituisco quattro volte tanto” (Lc 19,8). Ancora una volta il Vangelo ci dice che
l’amore, partendo dal cuore di Dio e operando attraverso il cuore dell’uomo, è la
forza che rinnova il mondo.
Questa verità risplende
in modo singolare nella testimonianza del Santo di cui oggi ricorre la memoria: Carlo
Borromeo, Arcivescovo di Milano. La sua figura si staglia nel secolo XVI come modello
di Pastore esemplare per carità, dottrina, zelo apostolico e soprattutto per la preghiera:
“le anime – egli diceva – si conquistano in ginocchio”. Consacrato Vescovo a soli
25 anni, mise in pratica il dettato del Concilio di Trento, che imponeva ai Pastori
di risiedere nelle rispettive Diocesi, e si dedicò interamente alla Chiesa ambrosiana:
la visitò in lungo e in largo per tre volte; indisse sei sinodi provinciali e undici
diocesani; fondò seminari per formare una nuova generazione di sacerdoti; costruì
ospedali e destinò le ricchezze di famiglia al servizio dei poveri; difese i diritti
della Chiesa contro i potenti; rinnovò la vita religiosa e istituì una nuova Congregazione
di preti secolari, gli Oblati. Nel 1576, quando a Milano infuriò la peste, visitò,
confortò e spese per i malati tutti i suoi beni. Il suo motto consisteva in una parola
sola: “Humilitas”. L’umiltà lo spinse, come il Signore Gesù, a rinunciare a se stesso
per farsi servo di tutti. Ricordando il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II,
che ne portava con devozione il nome, affidiamo all’intercessione di san Carlo tutti
i Vescovi del mondo, per i quali invochiamo come sempre la celeste protezione di Maria
Santissima, Madre della Chiesa. APPELLO Le
notizie di questi ultimi giorni relative agli avvenimenti nella regione di confine
tra la Turchia e l’Iraq sono fonte, per me e per tutti, di preoccupazione. Desidero,
pertanto, incoraggiare ogni sforzo per il raggiungimento di una soluzione pacifica
dei problemi che sono recentemente emersi tra la Turchia e il Kurdistan iracheno. Non
posso dimenticare che in quella regione numerose popolazioni hanno trovato rifugio
per sfuggire all’insicurezza ed al terrorismo che hanno reso difficile la vita nell’Iraq
in questi anni. Proprio in considerazione del bene di quelle popolazioni, che comprendono
anche numerosi cristiani, auspico fortemente che tutte le parti si adoperino per
favorire soluzioni di pace.
Auspico, inoltre, che
le relazioni tra popolazioni migranti e popolazioni locali avvengano nello spirito
di quell’alta civiltà morale che è frutto dei valori spirituali e culturali di ogni
popolo e Paese. Chi è preposto alla sicurezza e all’accoglienza sappia far uso dei
mezzi atti a garantire i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza
e incontro tra i popoli.