Nel giorno della Commemorazione dei fedeli defunti il Papa si reca nelle Grotte Vaticane
per pregare accanto alle Tombe dei Papi
Nel giorno in cui la Chiesa commemora i fedeli defunti, Benedetto XVI si reca, oggi
alle 18.30, nelle Grotte Vaticane per un momento di preghiera in privato in suffragio
dei Pontefici lì sepolti e per tutti i defunti. Ieri il Papa, all’Angelus in Piazza
San Pietro, ha invitato a pregare per quanti hanno terminato la vita terrena, “offrendo
anche le sofferenze e le fatiche quotidiane affinché, completamente purificati, essi
siano ammessi a godere in eterno la luce e la pace del Signore”. Benedetto XVI più
volte in questi due anni e mezzo di Pontificato ha esortato a guardare “all’enigma
della morte con serenità e speranza”, lasciandosi illuminare dalla fede nella risurrezione.
Ma ascoltiamo le sue parole in questo servizio di Sergio Centofanti.
“Della
morte del corpo non c’è da aver paura, ci ricorda la fede: sia che viviamo, sia che
moriamo, siamo con il Signore”.
Così
il Papa all’Angelus del 5 novembre dell’anno scorso. Ma Benedetto XVI sottolinea anche
le strane dimenticanze dell’uomo moderno che spesso vive come se Dio non esistesse:
“L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga
a una mitologia ormai superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è
talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come
protagonista della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però, per
sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda; è insopprimibile
nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena”.
(Udienza generale del 2 novembre 2005)
“L’enigma
della morte” – spiega il Papa – s’intreccia dunque con “la questione di come vivere
bene, come trovare la felicità” e nello stesso tempo con l’attesa “di un giudizio
finale che ristabilisca la giustizia” che ha come metro l’amore di Cristo: “Felice
l'uomo che dona; felice l'uomo che non utilizza la vita per se stesso, ma dona; felice
l'uomo che è misericordioso, buono e giusto; felice l'uomo che vive nell'amore di
Dio e del prossimo. Così viviamo bene e così non dobbiamo aver paura della morte,
perché siamo nella felicità che viene da Dio e che dura sempre”.(Udienza
generale del 2 novembre 2005)