La figura di Benedetto XVI vista dai mass media, al centro di un incontro di studio
a Roma
"La figura di Benedetto XVI dopo Loreto, Austria e Napoli": è il titolo di un incontro
di studio che si è svolto in questi giorni presso il nuovo Polo DAMS dell'Università
degli Studi Roma Tre della capitale. Scopo dell'evento è stato quello di analizzare
il rapporto tra il Papa e i media alla luce dei viaggi pastorali più recenti. Fabio
Colagrande ne ha parlato con uno dei partecipanti, il sociologo Giampiero Gamaleri:
R.
– Da questa analisi molto minuziosa che è stata fatta è derivata una visione dell’attenzione
della stampa verso il Santo Padre, quando ci sono degli elementi ad effetto di tipo
nazionale e internazionale, quando c’è un intervento ad alto tasso di effetto politico
e sociale, mentre invece c’è una disattenzione verso il pensiero del Santo Padre.
Per spiegarmi, mentre il discorso di Ratisbona che, come sappiamo, ha suscitato incomprensioni
e polemiche, ha avuto il 33 per cento di tutti gli articoli apparsi nel biennio di
Pontificato, l’Enciclica “Deus caritas est” ha avuto solo il 4 per cento. Ciò vuol
dire che quando il Papa propone un pensiero più riflessivo, una riflessione più pacata,
un richiamo religioso più profondo, l’opinione pubblica è distratta. Quando capita
invece qualche fiammata, qualche scoop, allora l’opinione pubblica si mobilita.
D.
– Come studioso di comunicazione dove rintraccia le cause di questo fenomeno?
R.
– Oggi naturalmente la comunicazione – lo vediamo tutti - è molto stressata, cerca
sempre lo scandalo. Questo è evidente a tutti. Le tinte sono sempre più forti, la
concorrenza tra televisione, radio, giornali è tale, per cui si va sempre a cercare
il pettegolezzo, il gossip. Quindi, c’è un difetto certamente dei media, da cui però
loro stessi difficilmente riescono a sottrarsi, perché è una tendenza che si autoalimenta.
D’altra parte, si pone anche il problema di aiutare il Santo Padre ad un tipo di esposizione
che possa avere più presa. Questo credo si sia manifestato in modo molto, molto efficace
almeno in due circostanze recenti. Una a Loreto, dove il dialogo a braccio, senza
necessità di leggere i testi, che lui ha intessuto con i ragazzi, è stato un momento
veramente forte nel rapporto con i giovani, che è un rapporto che la Chiesa deve privilegiare.
Il secondo caso è stato a Napoli, sulla scia del cardinale Sepe. Nel parlare espressamente
dei mali della città, della camorra, e poi nell’entrare veramente dentro l’animo della
popolazione, si è manifestato con tanta evidenza, tanto che poi anche i mass media
hanno dovuto riflettere su questa apertura indiscussa del Santo Padre.
D.
– Nell’opinione comune prevale spesso l’idea di un Papa Benedetto che è in qualche
modo meno mediatico del suo predecessore. Lei come esperto di questi temi che idea
si è fatto?
R. – Devo convenire con l’idea che è
stata manifestata durante il Convegno da padre Lombardi, che ha detto: “Meno male
che un Papa è diverso dall’altro”, altrimenti non ci sarebbe neppure la storia della
Chiesa, che mette in evidenza personalità diverse. Quindi, un errore che è stato compiuto
è stato quello di parametrare la figura di Benedetto XVI esclusivamente con il suo
predecessore. Ciascun Pontefice ha il suo carisma e come tale deve essere evidentemente
riconosciuto e valorizzato.