2007-10-24 13:40:44

Benedetto XVI all'udienza generale: i maestri della fede ne siano prima di tutto testimoni, e non "clown che recitano una parte". La catechesi dedicata a Sant'Ambrogio


Chi predica il Vangelo deve unire ad una sapienza appresa tramite lo studio e la riflessione anche la testimonianza della carità verso gli altri, ma non può mai essere un “clown” che “recita una parte per mestiere”. E’ un’affermazione di grande intensità a sintetizzare la catechesi di Benedetto XVI all’udienza generale tenuta questa mattina in Piazza San Pietro e dedicata alla figura di Sant’Ambrogio. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

 
Ambrogio fu un altro Giovanni. Il celebre vescovo di Milano del IV secolo - eletto per acclamazione, lui che era un uomo di legge e un funzionario civile di carriera - come il discepolo amato da Gesù: entrambi capaci di cogliere direttamente dal cuore del Maestro l’essenza del suo messaggio di amore e di essere essi stessi testimoni di carità oltre che maestri della fede. E’ il paragone che chiude la catechesi di Benedetto XVI, che ha presentato ai trentamila in Piazza San Pietro - in una giornata mite rispetto ai rigori dei giorni scorsi - la figura, ha detto, “di un autentico testimone del Signore”, che ebbe tra i tanti il merito di convertire il cuore di Agostino grazie non solo alla sua spiritualità, ma soprattutto grazie all’esempio. Agostino, ha spiegato Benedetto XVI, rimase colpito in particolare dalla “lunga fila” di persone che regolarmente chiedevano di parlare con il vescovo Ambrogio per trovare “consolazione e soluzione ai loro problemi”. Stando dunque al magistero di Ambrogio e Agostino, ha osservato il Papa, si capisce come la catechesi sia “inseparabile dalla testimonianza di vita”. E questo deve essere chiaro anche per i catechisti di oggi:

 
“Chi educa alla fede non può rischiare di apparire una specie di clown, che recita una parte ‘per mestiere’. Piuttosto - per usare un'immagine cara a Origene, scrittore particolarmente apprezzato da Ambrogio - egli deve essere come il discepolo amato, che ha poggiato il capo sul cuore del Maestro, e lì ha appreso il modo di pensare, di parlare, di agire. Alla fine di tutto, il vero discepolo è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace”.

 
Per il giovane Agostino, ancora alla ricerca di Dio, l’efficacia dell’annuncio cristiano si manifestò, per così dire, in una doppia veste, personale e comunitaria. La testimonianza personale venne dall’allora vescovo di Milano. Benedetto XVI ha raccontato di quando il futuro vescovo di Ippona rimase sorpreso nell’osservare Ambrogio leggere la Sacra Scrittura a bocca chiusa, solo con gli occhi. Ciò era in controtendenza con le usanze dell’epoca che prediligevano la lettura, anche personale della Bibbia, a voce alta. Agostino colse in quel modo di approcciare le Scritture “una capacità singolare di lettura e di familiarità” con esse:

 
“In quella ‘lettura a fior di labbra’, dove il cuore si impegna a raggiungere l'intelligenza della Parola di Dio - ecco «l'icona» di cui andiamo parlando -, si può intravedere il metodo della catechesi ambrosiana: è la Scrittura stessa, intimamente assimilata, a suggerire i contenuti da annunciare per condurre alla conversione dei cuori”.

 
Il Papa ha detto di voler lasciare questa immagine di Ambrogio come un’“icona patristica”, che mostra cioè il “cuore della dottrina ambrosiana”. Ma è un’icona anche la testimonianza di fede che i cristiani offrirono ad Agostino al suo arrivo a Milano:

 
“A muovere il cuore del giovane retore africano, scettico e disperato, e a spingerlo alla conversione definitivamente, non furono anzitutto le belle omelie - pure da lui assai apprezzate - di Ambrogio. Fu piuttosto la testimonianza del Vescovo e della sua Chiesa milanese, che pregava e cantava, compatta come un solo corpo”.

 
Il Papa ha terminato la catechesi con le parole di una intensa preghiera di Sant’Ambrogio dedicata a Cristo: “Se vuoi curare una ferita, egli è il medico; se sei riarso dalla febbre, egli è la fonte; (…) se hai bisogno di aiuto, egli è la forza; se desideri il cielo, egli è la via”:

 
“Speriamo anche noi in Cristo. Saremo così beati e vivremo nella pace”.

 
(applausi)

 
Dopo le catechesi in breve pronunciate in nove lingue, Benedetto XVI ha concluso con i saluti ai gruppi di fedeli, incoraggiando, tra gli altri, il “Servizio di animazione missionaria comunitaria–Movimento per un mondo migliore”, fondato da padre Riccardo Lombardi, “a proseguire nel loro apostolato intenso e capillare” per la nuova evangelizzazione. E parole di apprezzamento di Benedetto XVI sono andate anche ai componenti dell’Associazione nazionale famiglie degli emigrati, e all’Associazione cardio-trapiantati italiani, “che esorto a testimoniare con le loro iniziative - ha detto il Papa - la gioia che scaturisce dalla solidarietà e dall’aiuto reciproco specialmente nei momenti di difficoltà”.







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