Un passo importante verso il dialogo della verità: così, padre Samir Khalil Samir
sulla Lettera dei dotti musulmani al Papa e ai capi cristiani
Ha destato ampia eco la Lettera inviata da 138 dotti musulmani a Benedetto XVI e agli
altri leader cristiani. In questi giorni, il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha espresso
apprezzamento per la Lettera, nella quale si ritrova il tentativo di un sincero dialogo
tra cristiani e musulmani. Proposito, questo, ben visibile fin dall’impostazione del
documento. A sottolinearlo è il padregesuita Samir Khalil Samir, docente
di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut,
intervistato da Alessandro Gisotti:
R. –
C’è un aspetto positivo fondamentale: tutta la struttura della Lettera è chiaramente
impostata sull’amore di Dio-amore dell’uomo, del prossimo. Questa impostazione non
è assolutamente tradizionale nel modo di pensare e nella struttura mentale e teologica
islamica. E’ propriamente cristiano dire amore di Dio, mentre è una espressione rarissima
nella tradizione musulmana. Si tratta, quindi, di un atto di buona volontà, di ricerca
per trovare un terreno comune.
D. – Quali sono gli
elementi di novità che lei ha riscontrato nella Lettera?
R.
– Gli aspetti nuovi positivi sono numerosi. Anzitutto riguardo alla prima Lettera
inviata al Papa, che era un po’ critica, questa Lettera non mostra alcuna critica.
E’ una proposta di ricerca di ciò che è comune tra le due religioni. Già nel titolo,
infatti, viene ripresa dal Corano una delle parole più belle dove Maometto parla ai
cristiani, dicendo loro: “Mettiamoci d’accordo almeno su una cosa e cioè sull’unicità
di Dio”. Un’altra cosa da notare è che si è allargato il gruppo: da 38 della prima
Lettera sono, infatti, diventati 138. Un altro aspetto positivo, che si può notare,
è che nel gruppo ci sono parecchi studiosi laici e, quindi, non più soltanto imam
e religiosi. Questo è molto importante, perché prende in considerazione la realtà
dell’Islam, che non deve essere solo rappresentata dagli imam e dai religiosi, anche
perché questo rischierebbe di dare una impostazione più dura.
D.
– Questa Lettera può, dunque, rappresentare l’occasione per l’inizio di un salto di
qualità nel dialogo fra cristiani e musulmani?
R.
– Sì, certamente! Intanto perché c’è una iniziativa che non comincia con il difendersi
contro chiunque. Si tratta di una iniziativa serena e il clima sereno è fondamentale,
per tutti quanti. Penso che dovremmo ora passare dalla controversia al dialogo critico,
laddove critico significa che non ammetto tutto ciò che l’altro mi dice, ma lo critico
secondo i miei criteri, così come lui mi critica secondo i suoi criteri fin quando,
insieme, troviamo dei criteri comuni. Talvolta si dice che Papa Benedetto XVI ha preso
una linea dura riguardo all’Islam. Io dico “no”, ritengo che abbia assunto in tutto
ciò che fa uno sguardo critico. Noi dobbiamo capire bene, perché questo rappresenta
uno dei grandi malintesi: la critica non è mancanza di amore.
D.
– Quindi, padre Samir, si può dire che si cominciano a vedere i primi frutti di quello
straordinario discorso di Benedetto XVI a Ratisbona?
R.
– Questo discorso è improntato fondamentalmente al dialogo. Alcuni mi dicevano che
quel discorso ha rappresentato un grande errore perché da quel momento il dialogo
è diventato impossibile. No, io credo che il dialogo sia passato da una specie di
cortesia nelle parole, da una specie di dialogo diplomatico, che non è il vero dialogo
perché basta un niente e si può rompere, ad un primo passo per dire che vogliamo offrire
al mondo un progetto. Per questo io posso dire, quindi, la mia posizione, che può
magari essere anche critica, su un punto e non certo su tutto, così come tu puoi dirmi
la tua su qualche punto del cristianesimo e così facendo andiamo avanti. Un dialogo
fatto, dunque, di amore e di verità. Mi auguro che questo documento sia veramente
considerato come un primo passo di dialogo per continuare il più possibile in questa
linea.