Da Napoli l'appello di pace delle religioni. Il cardinale Tauran: la Chiesa risponderà
alla Lettera dei 138 saggi musulmani
Battute finali a Napoli per il 21.mo Meeting interreligioso di pace organizzato dalla
Comunità di Sant’Egidio. La chiusura questa sera vedrà, dopo la preghiera e la processione,
la cerimonia conclusiva con la proclamazione e la firma di tutti il leader religiosi
dell’appello di pace 2007. Da domenica ad oggi il capoluogo partenopeo è stato travolto
dalla presenza di esponenti delle Chiese cristiane, da rappresentanti dell’ebraismo,
dell’islam, del buddismo e di altre fedi, e dai loro costanti e ripetuti appelli alla
riconciliazione e alla necessità di intensificare il dialogo tra le religioni. Di
una road map per la convivenza, fare delle religioni un nome di pace ha parlato il
cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato: R.
– Questo dialogo è un lungo cammino. Abbiamo, quindi, sempre bisogno di conoscerci
di più. Il dialogo è un pellegrinaggio ed un rischio. E’ un pellegrinaggio, perchè
giustamente c’è bisogno di molto tempo per conoscersi, per capire le ricchezze dell’altro,
ed è un rischio, perché mi pone la domanda: “Qual è il mio Dio, in cui io credo? La
mia fede ha un’incidenza sulla mia vita?”. Sono spinto a fare, dunque, una specie
di esame di coscienza. Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una piccola difficoltà,
ci rendiamo conto di non conoscerci abbastanza. Quindi, abbiamo sempre bisogno di
dialogare, di parlare. E’ un travaglio che va sempre portato avanti.
D.
– Eminenza, è stata lanciata l’idea di creare una sorta di Nazioni Unite delle religioni
quasi per porsi in alternativa all’azione della diplomazia per arrivare in alcuni
casi alla pace. Secondo lei, questa potrebbe essere una strada perseguibile?
R.
– Personalmente, a prima vista, non mi entusiasma questa proposta. Abbiamo già tante
possibilità come religioni per perseguire la pace. Dobbiamo poi sempre ricordare che
ciò che insegna lo spirito di Assisi è che è il linguaggio delle religioni è la preghiera.
Da un lato, abbiamo la diplomazia, con la sua tecnica e, dall’altra parte, abbiamo
le religioni con la preghiera. La preghiera è il linguaggio delle religioni. Prima
di pensare, dunque, ad una grande ONU delle religioni cerchiamo noi, uomini di religione,
di formare i nostri fedeli alla preghiera per la pace, a formare i giovani a questo
ascolto degli altri, delle loro convinzioni. Questo mi pare molto più concreto.
D.
– Qui a Napoli è presente anche qualcuno dei 138 saggi islamici, firmatari della lettera
indirizzata al Papa e ai capi cristiani circa la richiesta di un maggior dialogo,
di una maggiore collaborazione tra islam e cristianesimo. Si risponderà a questa lettera?
R.
– Certamente si risponderà, perché è un segnale positivo che è stato lanciato verso
i cristiani. Come ho avuto modo di dire ci sono delle novità. Per esempio, quando
si parla di Gesù, viene presentato attraverso le citazioni del Nuovo Testamento e
non del Corano. Il testo poi non è polemico e ci sono tanti aspetti positivi. C’è
questa volontà di collaborare alla pace, attraverso la religione. Il testo dice che
musulmani e cristiani assieme rappresentano il 55 per cento della popolazione mondiale
e questo è un grande potenziale per contribuire alla pace nel mondo. Il patrimonio
positivo contenuto in questo messaggio va raccolto.