Chiude con l’appello: “Il nome di Dio è la pace” il Meeting partenopeo di Sant’Egidio,
"Uomini e Religioni"
"Il nome di Dio è la pace". Con questo appello rivolto a tutti gli uomini, i leader
delle religioni mondiali, alla presenza del capo dello Stato italiano Napolitano,
hanno chiuso i loro incontri a Napoli nell’ambito dell’annuale Meeting di Sant’Egidio,
"Uomini e Religioni". Tre giorni di lavori, inaugurati domenica dalla visita del Papa,
e che si sono conclusi stasera con una preghiera, una processione e con la proclamazione
e la firma dell’appello di pace 2007. Da Napoli, la nostra inviata Francesca Sabatinelli:
Tra
i temi in discussione al Meeting partenopeo, anche la questione mediorientale. Di
una road map per la convivenza, per fare delle religioni un nome di pace ha parlato
il cardinale Jean-LouisTauran, presidente del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:
R. – Questo
dialogo è un lungo cammino. Abbiamo, quindi, sempre bisogno di conoscerci di più.
Il dialogo è un pellegrinaggio ed un rischio. E’ un pellegrinaggio, perchè giustamente
c’è bisogno di molto tempo per conoscersi, per capire le ricchezze dell’altro, ed
è un rischio, perché mi pone la domanda: “Qual è il mio Dio, in cui io credo? La mia
fede ha un’incidenza sulla mia vita?”. Sono spinto a fare, dunque, una specie di esame
di coscienza. Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una piccola difficoltà, ci rendiamo
conto di non conoscerci abbastanza. Quindi, abbiamo sempre bisogno di dialogare, di
parlare. E’ un travaglio che va sempre portato avanti.
D.
– Eminenza, è stata lanciata l’idea di creare una sorta di Nazioni Unite delle religioni
quasi per porsi in alternativa all’azione della diplomazia per arrivare in alcuni
casi alla pace. Secondo lei, questa potrebbe essere una strada perseguibile?
R.
– Personalmente, a prima vista, non mi entusiasma questa proposta. Abbiamo già tante
possibilità come religioni per perseguire la pace. Dobbiamo poi sempre ricordare che
ciò che insegna lo spirito di Assisi è che è il linguaggio delle religioni è la preghiera.
Da un lato, abbiamo la diplomazia, con la sua tecnica e, dall’altra parte, abbiamo
le religioni con la preghiera. La preghiera è il linguaggio delle religioni. Prima
di pensare, dunque, ad una grande ONU delle religioni cerchiamo noi, uomini di religione,
di formare i nostri fedeli alla preghiera per la pace, a formare i giovani a questo
ascolto degli altri, delle loro convinzioni. Questo mi pare molto più concreto.
D.
– Qui a Napoli è presente anche qualcuno dei 138 saggi islamici, firmatari della lettera
indirizzata al Papa e ai capi cristiani circa la richiesta di un maggior dialogo,
di una maggiore collaborazione tra islam e cristianesimo. Si risponderà a questa lettera?
R.
– Certamente si risponderà, perché è un segnale positivo che è stato lanciato verso
i cristiani. Come ho avuto modo di dire ci sono delle novità. Per esempio, quando
si parla di Gesù, viene presentato attraverso le citazioni del Nuovo Testamento e
non del Corano. Il testo poi non è polemico e ci sono tanti aspetti positivi. C’è
questa volontà di collaborare alla pace, attraverso la religione. Il testo dice che
musulmani e cristiani assieme rappresentano il 55 per cento della popolazione mondiale
e questo è un grande potenziale per contribuire alla pace nel mondo. Il patrimonio
positivo contenuto in questo messaggio va raccolto.