Iraq. La testimonianza di padre Afas dopo la liberazione: invito i cristiani a restare
a Mossul
Proprio nel corso della sua visita pastorale a Napoli, è giunta al Papa la notizia
della liberazione in Iraq dei due sacerdoti cristiani, di rito siro-cattolico, rapiti
nei giorni scorsi a Mossul, nel nord del Paese. “Benedetto XVI ha accolto con grande
gioia la notizia della positiva conclusione del sequestro dei due religiosi, per i
quali domenica scorsa il Santo Padre aveva lanciato all’Angelus un accorato appello”.
Lo ha detto ai giornalisti il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico
Lombardi. “Abbiamo intensamente partecipato a questo dramma e seguito la vicenda di
padre Mazen Ishoa e di padre Pius Afas con grande preoccupazione – ha detto ancora
padre Lombardi – e l’avvenuto rilascio è il segno di una pace che speriamo possa svilupparsi.
L'auspicio del Papa – ha concluso – è che eventi del genere non si ripetano più”.
Sulla drammatica esperienza vissuta, Mathilde Auvillain, della nostra redazione
francese, ha contattato telefonicamente a Mossul proprio uno dei due sacerdoti rapiti,
padre Pius Afas:
R. – Nous
n’avons pas eu aucune torture…. Non abbiamo subito nessuna tortura, nessuna
pressione. Assolutamente no. Abbiamo vissuto dei momenti molto difficili, in cui,
però, non sono mai mancate la fiducia, la speranza e la preghiera. Noi siamo stati
molto contenti e molto grati della grande solidarietà che abbiamo ricevuto a livello
mondiale e delle tante preghiere che si sono elevate per noi e che ci hanno tanto
aiutato e sostenuto, così come l’appello del Santo Padre. Ieri mattina, ci hanno liberato
in un quartiere, dove abbiamo preso un taxi, dal quale ci siamo fatti portare direttamente
nella nostra Chiesa e già ieri, nel pomeriggio, abbiamo celebrato la Messa insieme.
Molte erano le persone presenti in segno di ringraziamento al Signore. E’ stato veramente
molto molto emozionante.
D. – Voi avete incoraggiato
i cristiani a rimanere a Mossul...
R. – Absolument,
absolument … Assolutamente. Noi siamo molto preoccupati che si mini l’amicizia
con i nostri fratelli musulmani, con i quali conviviamo da secoli. E questo lo abbiamo
detto anche ai nostri rapitori: noi non vogliamo rovinare questa amicizia, perdere
questa fraternità islamo-crisitana. Noi restiamo, quindi, in Iraq e non siamo disposti
a cedere, perché siamo – cristiani e musulmani insieme – per la pace tra gli iracheni.
D. – Quanto è stato importante per voi l’appello
del Papa?
R. – Ca nous a donné… L’appello
ci ha dato un grande coraggio: l'appello affinché i nostri rapitori ci lasciassero
è stato certamente un grande, grande sostegno.
Il sequestro di padre Ishoa
e padre Afas è solo l’ultimo degli attacchi compiuti contro la comunità cristiana
in Iraq. Con quale stato d’animo i cristiani stanno vivendo questo momento? Giancarlo
La Vella lo ha chiesto a mons. Basile Georges Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico
di Mossul:
R.
– You see, we are very very afraid … Siamo molto preoccupati per il futuro.
Noi rappresentiamo soltanto una minoranza in Iraq e molti cristiani iracheni sono
spinti a lasciare le loro case a Baghdad e a Mossul. Ci sono molte famiglie che vanno
via da questi luoghi. Alcune volte vengono minacciati affinché lascino le loro case,
ma altre volte vengono esortati a convertirsi all’Islam in cambio della libertà; in
caso contrario saranno costretti ad andarsene. Ci sono molti episodi del genere fra
i cristiani e questo aumenta nella comunità la preoccupazione per il futuro. Normalmente
i nostri rapporti sono sempre stati buoni con la popolazione musulmana, con i quali
conviviamo in spirito di amicizia e collaborazione. Ma ora, con questa corrente fondamentalista
che combatte la presenza delle truppe americane, la situazione è diventata estremamente
pericolosa per noi.