I vescovi del Venezuela respingono le riforme del presidente Chávez che vuole portare
nel Paese il sistema socialista
Le riforme in senso socialista del presidente venezuelano Hugo Chávez rappresentano
una grande involuzione per quanto riguarda la democrazia, i diritti umani e le libertà
individuali e sono assolutamente contrarie all'"anima" cristiana dei venezuelani.
E' quanto affermano i vescovi del Venezuela, che hanno esposto le proprie critiche
alle riforme costituzionali proposte dal presidente Chávez in un documento che riassume
i lavori di una speciale Commissione episcopale. Il servizio di Luis Badilla.
Nell’introduzione,
i vescovi ribadiscono quanto già detto in precedenti documenti. La Chiesa - sostengono
- ha un solo proposito al riguardo: illuminare dal punto di vista etico il giudizio
di coloro che devono approvare queste riforme le quali, come è palese, coinvolgono
tutti i cittadini e non solo una parte. Si tratta, spiegano i presuli, di una riflessione
fraterna per sostenere un discernimento pastorale sull’odierna situazione del Paese,
tenendo presente i valori e i principi non negoziabili della storia, tradizione e
“anima” dell’essere venezuelano: la dignità della persona umana, la sua coscienza
e libertà inalienabili, la concezione cristiana della vita, che nel Paese è maggioritaria
da secoli. I vescovi, inoltre, ricordano che nelle nazioni democratiche la Costituzione
è “un patto sociale” che si legittima lungo un percorso preciso: discussioni e deliberazioni
del parlamento o dell’Assemblea costituente, e comunque di un corpo pluralista che
rappresenti legittimamente il popolo, e infine una consultazione elettorale libera,
garantita e pacifica. Insomma, la Costituzione deve essere sostenuta dal maggiore
consenso sociale possibile e la più largamente condivisa da tutti, al di là degli
interessi di parte. Il documento episcopale ricorda che tra le proposte di riforma
alcune sembrano godere di un ampio consenso come, ad esempio, la riduzione della giornata
lavorativa, ma in generale “si accentua la concentrazione del potere nelle mani del
presidente e così si favorisce l’autoritarismo”. Il cuore della proposta presidenziale
- sottolineano i vescovi - è il passaggio da “uno stato democratico e sociale di diritto
e giustizia ad uno Stato socialista”. Ma diversi articoli, rilevano ancora, “limitano
la libertà dei cittadini e condizionano la partecipazione del popolo solo alla costruzione
del socialismo”. Inoltre, questo futuro Stato potrebbe essere governato da un presidente
rieleggibile a vita. Oltre a ricordare che i modelli socialisti ispirati al marxismo-leninismo
sono tutte esperienze fallimentari, i vescovi ribadiscono che gli Stati totalitari,
disegnati su profili ideologici, finiscono per opprimere le persone e le società,
impedendo l’esercizio delle libertà personali e, in particolare, di quella religiosa.
In uno Stato pluralista e democratico, possono esistere espressioni partitiche diverse
rispetto a uno di natura socialista, come quello che invece “si propone per il Venezuela”,
dove “ogni attività politica, sociale, economica e culturale finirebbe dentro un'unica
opzione e un unico pensiero”. In questo contesto, l’episcopato venezuelano ribadisce
alcune sue precedenti riflessioni sul capitalismo selvaggio e sul socialismo rispetto
alle gravi sfide della povertà, dell’iniquità e dell’ingiustizia, riaffermando i principi
centrali della dottrina sociale della Chiesa, ampiamente conosciuta in Venezuela.
Preoccupa ugualmente i vescovi un lungo elenco di riforme che rappresentano una grave
involuzione per quanto riguarda i diritti umani: dalle libertà individuali alla libertà
di stampa e di associazione, così come nel caso dei futuri processi elettorali. Prima
di concludere la loro riflessione, i vescovi trattano ampiamente gli elementi costitutivi
della dottrina cristiana concernenti la dignità della persona e il suo essere sociale,
chiamato a vivere con gli altri nel rispetto e nella solidarietà. “Tutto ciò che si
oppone alla libertà si oppone alla vita. La soppressione della libertà non corregge
le ingiustizie; anzi, ne aggiunge altre spesso più insopportabili e asfissianti”,
dicono i presuli. Per concludere, l’episcopato rammenta ancora una volta che “la Costituzione
e le riforme che si propongono non sono un affare che riguarda solo i partiti o determinati
settori della popolazione. Siamo di fronte ad una questione di interesse nazionale
che coinvolge tutti, senza distinzione. Sarebbe un grave errore credere il contrario.
Non siamo davanti ad una questione che si risolve tra governo e opposizione, tra ricchi
e poveri. E’ in gioco il futuro del Paese e di tutti i cittadini. Poi, in questo caso
specifico, non si tratta di semplici riforme. Si va oltre. Il progetto socialista
- concludono dunque i vescovi - è contrario alla Costituzione e alla concezione della
persona e dello Stato propria della nazione venezuelana”.