2007-10-22 16:22:39

Forze militari turche verso il Kurdistan iracheno


Rischia di precipitare la situazione al confine tra Turchia e Kurdistan iracheno: le forze armate turche hanno riferito che otto militari risultano dispersi. Si teme siano stati rapiti da guerriglieri del PKK. Ieri, i ribelli curdi sono inoltre entrati in azione nel sudest della Turchia, uccidendo almeno 17 militari governativi e denunciando poi attacchi da parte dell’aviazione di Ankara nel nord dell'Iraq. Secondo agenzie di stampa, la successiva controffensiva turca avrebbe provocato la morte di 34 ribelli. Decine di veicoli militari turchi si stanno poi dirigendo verso il Kurdistan iracheno ma, per il momento, sembra scongiurata l'ipotesi di un attacco. Sentiamo Giada Aquilino:RealAudioMP3

Ankara per il momento non muoverà contro i curdi in territorio iracheno. Sembra essere questo l'orientamento del governo turco, dopo che ieri è parso precipitare il quadro del confronto militare con i ribelli curdi del PKK, responsabili di aver scatenato una battaglia con le forze di sicurezza turche nel sudest del Paese anatolico, al confine con Iraq e Iran, a seguito della quale gli stessi combattenti hanno denunciato bombardamenti nemici su loro postazioni. "Rispettiamo l'integrità territoriale della Turchia", recita il comunicato diramato ieri sera al termine di una riunione d'emergenza tra i vertici di Ankara, ma al tempo stesso - avvertono il presidente Gul, il premier Erdogan e il capo di Stato maggiore Buyukanit - "la Turchia non si ritrarrà dal pagare qualsiasi prezzo necessario per proteggere i suoi diritti, le sue leggi, la sua unità indivisibile e i suoi cittadini". A invocare la via della cautela, l’alleato americano, che - con un intervento del segretario di Stato, Condoleezza Rice - ha chiesto alla Turchia di non cominciare azioni contro i ribelli curdi per alcuni giorni, nonostante il Parlamento di Ankara abbia già dato formale autorizzazione a un'operazione militare all’interno del territorio iracheno. Veicoli militari turchi sono comunque stati spostati al confine col Paese del Golfo. E’ infine rientrato a Washington l'ambasciatore turco, richiamato in patria nei giorni scorsi in seguito alla risoluzione sul genocidio armeno approvata dalla Commissione esteri della Camera dei Rappresentanti USA.

Se dovesse scattare l’azione in forze dei militari turchi contro i ribelli del PKK, quali sarebbero le conseguenze per le popolazioni curde? Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Istanbul l’inviato Rai, Ennio Remondino, appena rientrato dalla zona di frontiera tra Turchia e Iraq: RealAudioMP3

R. - Nei giorni scorsi sono stato nel Kurdistan iracheno, dove la popolazione è povera e vive tra montagne e villaggi isolati. È anche difficile immaginare che un esercito possa muoversi con facilità in un tale territorio, tipico della guerriglia. Sicuramente ci sono grandi sofferenze, ma soprattutto si rischia un meccanismo internazionale che porterebbe di fatto alla completa disgregazione del già dilaniato Iraq, in cui oggi esistono tre realtà: c’è il sud sciita, che vive autonomamente la sua parte, c’è il centro di Baghdad, che è caratterizzato dallo scontro tra forze militari americane e la risposta terroristica o indipendentista irachena, e c’è poi il Kurdistan, che cerca di diventare identità nazionale e che diventerebbe - questa è la vera minaccia ad Ankara - punto di riferimento di quell’enorme minoranza curda in Turchia (si parla di circa 20 milioni di persone) che tutto sommato ad uno Stato curdo indipendente ha sempre rivolto i suoi sogni e le sue speranze.

 
D. - Perché il PKK è tornato ad alzare la tensione proprio ora?

 
R. - Probabilmente, proprio per questo progetto. Sicuramente, il PKK punta a un intervento militare armato della Turchia, che porterebbe alla disgregazione definitiva dell’Iraq, alla formazione di un Kurdistan iracheno indipendente e, quindi, di uno Stato curdo, in un’area in cui la popolazione curda è divisa tra quattro Paesi: Iran, Siria, Iraq e Turchia. Un popolo senza Stato che potrebbe però arrivare ad ottenere un suo Stato nazionale.

 
D. - Il presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Barzani, da una parte ha assicurato neutralità e dall’altra ha detto che non consegnerà alla Turchia i capi del partito dei lavoratori curdi. Allora dove si gioca la partita?

 
R. - Si gioca proprio in questo difficile equilibrio. Barzani è lì perché ce l’hanno messo gli americani, ma allo stesso tempo Barzani è il figlio del fondatore della rivoluzione indipendentista curda contro la repressione di Saddam. Barzani deve cercare, quindi, di raggiungere l’obiettivo politico di una sempre maggiore autonomia, se non addirittura dell’indipendenza. Ecco, quindi, frasi equivoche rispetto ad una politica estera equivoca.







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