Di poche ore ma molto intensa la visita del Papa a Napoli: scuola, aiuto ai giovani
e lavoro al centro delle parole di Benedetto XVI. E sempre a Napoli comincia nel pomeriggio
il Meeting interreligioso "Uomini e religioni"
Scuola, aiuto ai giovani e lavoro, ma soprattutto preghiera e conversione, per combattere
la violenza e ridare a Napoli la forza di non scoraggiarsi di fronte alle tante difficoltà.
E’ stato questo il richiamo del Papa durante la messa celebrata in piazza del Plebiscito,
in questa unica giornata di visita alla città. Ad accoglierlo il cardinale arcivescovo
di Napoli, Sepe, il presidente del Consiglio Prodi, il ministro della Giustizia Mastella,
le principali autorità locali. Benedetto XVI ripartirà nel pomeriggio, dopo una sosta
nel Duomo per un momento di raccoglimento davanti alle reliquie di San Gennaro, patrono
della città. Da Napoli, il servizio di Francesca Sabatinelli:
Napoli
non è riuscita a garantire il suo famoso sole, pioggia e freddo hanno accolto il Papa.
A contrastare l’azione del meteo il calore dei napoletani e il loro abbraccio in
quella stessa piazza del Plebiscito che nel '90 raccolse l’appello di Giovanni Paolo
II ai cittadini a “Organizzare la speranza”, e oggi, durante la messa, quello stesso
richiamo è stato lanciato da Benedetto XVI:
Di
fronte a realtà sociali difficili e complesse, come sicuramente è anche la vostra,
occorre rafforzare la speranza, che si fonde sulla fede e si esprime in una preghiera
instancabile. E’ la preghiera a tenere accesa la fiaccola della fede.
L’amore
può sconfiggere la violenza, è stato l’incitamento del Papa ai napoletani, non si
deve mai perdere quella fede che assicura che le preghiere vengano ascoltate da Dio,
che ci esaudisce al momento opportuno, anche se l'esperienza quotidiana sembra
smentire questa certezza. Non ci si deve scoraggiare davanti alle sopraffazioni, neanche
di fronte alle difficoltà di Napoli dove vivere per molti non è semplice, una realtà
fatta di tante energie sane, ma anche di povertà, disoccupazione, e violenza:
Non
si tratta solo del deprecabile numero dei delitti della camorra, ma anche del fatto
che la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe
del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime,
col rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali
prospera l’illegalità, il sommerso e la cultura dell’arrangiarsi.
Benedetto
XVI ha chiesto l’intervento di tutte le componenti della società: occorre puntare
sulla scuola, sul lavoro e sull’aiuto ai giovani. La lotta alla violenza deve partire
dalla formazione delle coscienze, dalla trasformazione delle mentalità e degli atteggiamenti
di tutti i giorni. Anche la Chiesa napoletana è chiamata a restare salda, ad annunciare
la parola, in ogni occasione, opportuna e non, ad ammonire, a rimproverare, ad esortare.
Dio, ha sottolineato ancora il Papa ai fedeli, non può cambiare le cose senza la nostra
vera conversione, che inizia con il grido dell’anima che implora perdono e salvezza.
La
preghiera cristiana non è pertanto espressione di fatalismo e di inerzia, anzi è l’opposto
dell’evasione dalla realtà, dell’intimismo consolatorio: è forza di speranza, massima
espressione della fede nella potenza di Dio che è Amore e non ci abbandona. La preghiera
che Gesù ci ha insegnato, culminata nel Getsemani, ha il carattere dell’“agonismo”
cioè della lotta, perché si schiera decisamente al fianco del Signore per combattere
l’ingiustizia e vincere il male con il bene; è l’arma dei piccoli e dei poveri di
spirito, che ripudiano ogni tipo di violenza. Anzi rispondono ad essa con la non violenza
evangelica, testimoniando così che la verità dell’Amore è più forte dell’odio e della
morte.
Il seme della speranza a Napoli c’è, ha
concluso Benedetto XVI, e agisce malgrado i problemi e le difficoltà:
Napoli
ha certo bisogno di adeguati interventi politici, ma prima ancora di un profondo rinnovamento
spirituale; ha bisogno di credenti che ripongano piena fiducia in Dio, e con il suo
aiuto si impegnino per diffondere nella società i valori del Vangelo.
Al
termine della messa, prima dell’Angelus, in occasione dell’odierna Giornata missionaria
mondiale, il Papa ha chiesto di pregare per i missionari, rivolgendo un pensiero particolare
a coloro che nel loro lavoro incontrano grandi difficoltà e persecuzioni. E di nuovo
ha invitato ad affrontare i problemi e le sfide che si presentano: Si
richiede un forte impegno di tutti, specialmente dei fedeli laici operanti nel campo
sociale e politico, per assicurare ad ogni persona, e in particolare ai giovani, le
condizioni indispensabili per sviluppare i propri talenti naturali e maturare generose
scelte di vita a servizio dei propri familiari e dell’intera comunità. A
raccogliere il messaggio del Papa, oltre ai fedeli, 40 leader ecumenici, sul palco,
e decine di capi di altre religioni nelle prime file, presenti a Napoli per l’incontro
di pace interreligioso organizzato da sant’Egidio che si aprirà nel pomeriggio. Personalità
che il Santo Padre ha incontrato dopo la messa nel seminario arcivescovile a Capodimonte.
Parlando loro ha ripercorso le giornate di Assisi del 1986 e del 2002 promosse da
Giovanni Paolo II per pregare per la pace assieme ai rappresentanti di tutte le religioni.
Benedetto XVI ha ribadito la necessità di un lavoro comune per la pace e di un impegno
fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. Mai le religioni possono diventare
veicoli di odio, ha detto, al contrario devono offrire le risorse per costruire un'umanità
pacifica. L’impegno della Chiesa cattolica, ha concluso, è quello di percorrere la
strada del dialogo per favorire l’intesa fra le diverse culture, tradizioni e sapienze
religiose.
E proprio Napoli è stata scelta quest’anno
per il Meeting interreligioso “Uomini e religioni”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio.
Delle ragioni della scelta e del come viene vissuta, Francesca Sabatinelli
ha parlato con il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo
R.
– Siamo a Napoli e siamo molto contenti di esserci. Noi all’unisono con la Chiesa
locale vogliamo lavorare e vivere queste giornate come grande segno di speranza per
la città e per il mondo. Napoli è anche città del Mediterraneo e noi sappiamo che
il Mediterraneo è stato nella storia un luogo di grandi convivenze, anche tra diverse
religioni, tra islamismo, ebraismo e cristianesimo, ma il Mediterraneo è ancora teatro
purtroppo di luoghi di violenza, di guerra, di separazione. In particolare, il nostro
sguardo sarà puntato sul Medio Oriente e sulla questione Israele-Palestina. Napoli,
città del Mediterraneo, città che ha saputo vivere nella sua storia secoli di convivenza,
può essere e diventare un messaggio di dialogo e di pace per il mondo.
D.
– Nell’edizione di quest’anno avete decentrato alcuni degli appuntamenti per coinvolgere
un po’ anche le realtà periferiche. Perché questa scelta?
R.
– Perché, in fondo, Napoli e la Campania sono un tutt’uno, nel senso che la Campania
è una grande regione, molto popolosa, molto cattolica, molto religiosa. Napoli e la
regione Campania sono un’espressione di quello che significa in Italia cattolicesimo
di popolo. Noi non potevamo tener fuori da questo incontro il grande popolo, il numeroso
popolo cristiano-campano, che ci chiedeva di andare nelle sua città, nei suoi Paesi
per parlare di dialogo e per far incontrare mondi religiosi.
D.
– Marco Impagliazzo, anche quest’anno saranno tantissimi i leader religiosi e le personalità
politiche e culturali che si avvicenderanno nel corso delle tavole rotonde, preparate
dalla comunità di Sant’Egidio. Ed emerge anche quest’anno la volontà di dare forte
impulso al dialogo ecumenico...
R. – Sì, forte impulso
al dialogo ecumenico. Mai come quest’anno noi siamo molto onorati di avere la presenza
di importantissime personalità del mondo ortodosso, del mondo protestante e del mondo
anglicano. Faccio solo l’esempio del Patriarca di Istanbul, Bartolomeo I, dell’arcivescovo
di Canterbury Williams, dell’arcivescovo di Cipro, primate di quella Chiesa. Insomma,
tante e tante presenze ecumeniche che stanno ad evidenziare l’idea che molti vogliono
lavorare per un riavvicinamento vero tra le Chiese.
Delle
problematiche e potenzialità della città di Napoli e del contributo delle realtà parrocchiali,
Francesca Sabatinelli ha parlato con don Aniello Manganiello, parroco
di Scampia:
R.
– Sono le uniche realtà dove si fa cultura, dove si fa volontariato, dove si educa
alla legalità. Penso che le parrocchie siano le principali agenzie educative che rimangono
in questo territorio.
D. – Ci sono altri sostegni?
R.
– Le voglio dare dei numeri. Ultimamente l’Istituto Suor Orsola Benincasa ha commissionato
un’indagine qui a Scampia e è stato intervistato un certo numero di persone, per la
maggior parte giovani, alle quali è stata rivolta questa domanda: chi è che a Scampia
si impegna per dare lavoro, per dare sussistenza, per dare aiuto? L’80 per cento ha
risposto che questo servizio di assistenza e di aiuto lo fa la camorra; il 9 per cento
le parrocchie; e il restante 11 per cento è diviso tra la scuola e le istituzioni.
D. – A questo punto è giusto allora parlare dell’equazione
degrado sociale e degrado ambientale uguale criminalità organizzata?
R.
– Sì, se c’è la camorra a Napoli, se c’è la mafia in Sicilia, la ‘ndrangheta in Calabria
o la Sacra Corona Unita in Puglia è perché c’è un sottobosco di illegalità, di piccole
o grandi illegalità che genera poi in attività malavitosa e criminale; perché c’è
una mentalità camorrista diffusa e capillare, le piccole prepotenze, la mancanza di
rispetto delle leggi più elementari. Questo è l’humus ideale.
D.
– Ma lei si definirebbe un prete anticamorra?
R.
– Un prete, prima di tutto, è lì per annunciare Gesù Cristo, per annunciare il Vangelo
e per dire alla gente che se si vuole dare un senso alla propria vita e se si cerca
la felicità, l’unico che può dare la felicità vera e l’unico che non prende in giro,
l’unico che dà un senso alla vita è Cristo. Questo è il compito del sacerdote, ma
certamente lotta pure contro le ingiustizie. Un prete, quindi, in questi contesti
non può starsene zitto e fare il topo di biblioteca: chi deve dare voce a questa gente?
In questo il sacerdote oltre ad annunciare il Vangelo, lotta per i diritti dei più
poveri e dei più indifesi. Se dobbiamo negare il matrimonio ad un camorrista, dobbiamo
farlo; se dobbiamo rifiutare un matrimonio ad uno spacciatore che spaccia la morte,
dobbiamo rifiutarlo e questo per coscientizzare, per dare un pugno nello stomaco e
svegliare questa gente, mettendola di fronte alle proprie responsabilità e facendo
capire loro che Dio non può andare d’accordo con la morte, con le ingiustizie, con
le violenze e con i loro spacci. Io farei un appello ai miei confratelli parroci per
unirci maggiormente in questo senso e dare così una risposta veramente corale. Se
noi lottiamo insieme, tutti noi sacerdoti, la gente ci viene dietro.
D.
– Sembra che coraggio e speranza siano quasi le parole d’ordine di questa visita di
Benedetto XVI. E’ così?
R. – Sì e specialmente perché
Napoli sembra essere ormai una città rassegnata, una città assopita, scoraggiata e
potremmo dire quasi fatalista: ci si ripete spesso che non si può cambiare niente.
D. – Però pensate che vi sarà uno scossone?
R.
– Io penso di sì e credo anche che il Papa – anche se lo dirà da Piazza Plebiscito
e non da Scampia – ci dirà la sua parola per incoraggiarci, per incoraggiare noi sacerdoti
ed i laici affinché non perdiamo la speranza e continuiamo a lottare, convincendosi
– e di questo ci dobbiamo convincere – che anche i piccoli risultati devono dare una
carica.