2007-10-21 19:57:38

Conclusa la visita del Papa a Napoli: scuola, aiuto ai giovani e lavoro al centro delle sue parole. Nel pomeriggio, al via il Meeting "Uomini e religioni" della comunità di S. Egidio


Scuola, aiuto ai giovani e lavoro, ma soprattutto preghiera e conversione, per combattere la violenza e ridare a Napoli la forza di non scoraggiarsi di fronte alle tante difficoltà. E’ stato questo il richiamo del Papa durante la messa celebrata in piazza del Plebiscito, in questa unica giornata di visita alla città. Ad accoglierlo il cardinale arcivescovo di Napoli, Sepe, il presidente del Consiglio Prodi, il ministro della Giustizia Mastella, le principali autorità locali. Nel pomeriggio, intorno alle 18.30, il rientro in Vaticano, mentre a Napoli si aprivano i lavori del meeting interreligioso organizzato da Sant’Egidio. Da Napoli, il servizio di Francesca Sabatinelli RealAudioMP3


 Napoli non è riuscita a garantire il suo famoso sole, pioggia e freddo hanno accolto il Papa. A contrastare l’azione del meteo il calore dei napoletani e il loro abbraccio in quella stessa piazza del Plebiscito che nel '90 raccolse l’appello di Giovanni Paolo II ai cittadini a “Organizzare la speranza”, e oggi, durante la messa, quello stesso richiamo è stato lanciato da Benedetto XVI:

Di fronte a realtà sociali difficili e complesse, come sicuramente è anche la vostra, occorre rafforzare la speranza, che si fonde sulla fede e si esprime in una preghiera instancabile. E’ la preghiera a tenere accesa la fiaccola della fede.

 L’amore può sconfiggere la violenza, è stato l’incitamento del Papa ai napoletani, non si deve mai perdere quella fede che assicura che le preghiere vengano ascoltate da Dio, che ci esaudisce al momento opportuno, anche se l'esperienza quotidiana sembra smentire questa certezza. Non ci si deve scoraggiare davanti alle sopraffazioni, neanche di fronte alle difficoltà di Napoli dove vivere per molti non è semplice, una realtà fatta di tante energie sane, ma anche di povertà, disoccupazione, e violenza:

 Non si tratta solo del deprecabile numero dei delitti della camorra, ma anche del fatto che la violenza tende purtroppo a farsi mentalità diffusa, insinuandosi nelle pieghe del vivere sociale, nei quartieri storici del centro e nelle periferie nuove e anonime, col rischio di attrarre specialmente la gioventù, che cresce in ambienti nei quali prospera l’illegalità, il sommerso e la cultura dell’arrangiarsi.


Benedetto XVI ha chiesto l’intervento di tutte le componenti della società: occorre puntare sulla scuola, sul lavoro e sull’aiuto ai giovani. La lotta alla violenza deve partire dalla formazione delle coscienze, dalla trasformazione delle mentalità e degli atteggiamenti di tutti i giorni. Anche la Chiesa napoletana è chiamata a restare salda, ad annunciare la parola, in ogni occasione, opportuna e non, ad ammonire, a rimproverare, ad esortare. Dio, ha sottolineato ancora il Papa ai fedeli, non può cambiare le cose senza la nostra vera conversione, che inizia con il grido dell’anima che implora perdono e salvezza.

 La preghiera cristiana non è pertanto espressione di fatalismo e di inerzia, anzi è l’opposto dell’evasione dalla realtà, dell’intimismo consolatorio: è forza di speranza, massima espressione della fede nella potenza di Dio che è Amore e non ci abbandona. La preghiera che Gesù ci ha insegnato, culminata nel Getsemani, ha il carattere dell’“agonismo” cioè della lotta, perché si schiera decisamente al fianco del Signore per combattere l’ingiustizia e vincere il male con il bene; è l’arma dei piccoli e dei poveri di spirito, che ripudiano ogni tipo di violenza. Anzi rispondono ad essa con la non violenza evangelica, testimoniando così che la verità dell’Amore è più forte dell’odio e della morte.

 Il seme della speranza a Napoli c’è, ha concluso Benedetto XVI, e agisce malgrado i problemi e le difficoltà:

 Napoli ha certo bisogno di adeguati interventi politici, ma prima ancora di un profondo rinnovamento spirituale; ha bisogno di credenti che ripongano piena fiducia in Dio, e con il suo aiuto si impegnino per diffondere nella società i valori del Vangelo.


Al termine della messa, prima dell’Angelus, in occasione dell’odierna Giornata missionaria mondiale, il Papa ha chiesto di pregare per i missionari, rivolgendo un pensiero particolare a coloro che nel loro lavoro incontrano grandi difficoltà e persecuzioni. E di nuovo ha invitato ad affrontare i problemi e le sfide che si presentano:
 Si richiede un forte impegno di tutti, specialmente dei fedeli laici operanti nel campo sociale e politico, per assicurare ad ogni persona, e in particolare ai giovani, le condizioni indispensabili per sviluppare i propri talenti naturali e maturare generose scelte di vita a servizio dei propri familiari e dell’intera comunità.


Il Santo Padre ha poi incontrato nel seminario arcivescovile di Capodimonte i leader delle religioni mondiali che partecipano all’incontro di pace promosso dalla comunità di sant’Egidio. Ha ribadito loro la necessità di un lavoro comune per la pace e la riconciliazione tra i popoli. Mai le religioni possono diventare veicoli di odio, l’impegno della chiesa cattolica, ha concluso, è quello di percorrere la strada del dialogo per favorire l’intesa fra le diverse culture, tradizioni e sapienze religiose. Gli appelli al dialogo sono riecheggiati anche al teatro san Carlo, in apertura del Meeting uomini e religioni, oggi si vive il tempo del pessimismo e della cultura del disprezzo per l’altro, ha detto Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, ma oggi la realtà è anche quella di religioni che credono nell’azione dello spirito, E che credono nella cultura del dialogo come auspicato nei loro interventi dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, che ha esortato le religioni a non cadere in estremismi e violenze, e dal rabbino capo di Israele Metzger che ha definito criminale chiunque usi violenza per raggiungere i suoi scopi. Toccante la testimonianza del monaco buddista birmano U Uttara che, ricordando le recenti vittime della dittatura militare, ha chiesto aiuto per mettere fine alla repressione e per la riconquista dei diritti umani in Birmania


 E proprio Napoli è stata scelta quest’anno per il Meeting interreligioso “Uomini e religioni”, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Delle ragioni della scelta e del come viene vissuta, Francesca Sabatinelli ha parlato con il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo RealAudioMP3


R. – Siamo a Napoli e siamo molto contenti di esserci. Noi all’unisono con la Chiesa locale vogliamo lavorare e vivere queste giornate come grande segno di speranza per la città e per il mondo. Napoli è anche città del Mediterraneo e noi sappiamo che il Mediterraneo è stato nella storia un luogo di grandi convivenze, anche tra diverse religioni, tra islamismo, ebraismo e cristianesimo, ma il Mediterraneo è ancora teatro purtroppo di luoghi di violenza, di guerra, di separazione. In particolare, il nostro sguardo sarà puntato sul Medio Oriente e sulla questione Israele-Palestina. Napoli, città del Mediterraneo, città che ha saputo vivere nella sua storia secoli di convivenza, può essere e diventare un messaggio di dialogo e di pace per il mondo.

D. – Nell’edizione di quest’anno avete decentrato alcuni degli appuntamenti per coinvolgere un po’ anche le realtà periferiche. Perché questa scelta?

R. – Perché, in fondo, Napoli e la Campania sono un tutt’uno, nel senso che la Campania è una grande regione, molto popolosa, molto cattolica, molto religiosa. Napoli e la regione Campania sono un’espressione di quello che significa in Italia cattolicesimo di popolo. Noi non potevamo tener fuori da questo incontro il grande popolo, il numeroso popolo cristiano-campano, che ci chiedeva di andare nelle sua città, nei suoi Paesi per parlare di dialogo e per far incontrare mondi religiosi.

D. – Marco Impagliazzo, anche quest’anno saranno tantissimi i leader religiosi e le personalità politiche e culturali che si avvicenderanno nel corso delle tavole rotonde, preparate dalla comunità di Sant’Egidio. Ed emerge anche quest’anno la volontà di dare forte impulso al dialogo ecumenico...

R. – Sì, forte impulso al dialogo ecumenico. Mai come quest’anno noi siamo molto onorati di avere la presenza di importantissime personalità del mondo ortodosso, del mondo protestante e del mondo anglicano. Faccio solo l’esempio del Patriarca di Istanbul, Bartolomeo I, dell’arcivescovo di Canterbury Williams, dell’arcivescovo di Cipro, primate di quella Chiesa. Insomma, tante e tante presenze ecumeniche che stanno ad evidenziare l’idea che molti vogliono lavorare per un riavvicinamento vero tra le Chiese.



Delle problematiche e potenzialità della città di Napoli e del contributo delle realtà parrocchiali, Francesca Sabatinelli ha parlato con don Aniello Manganiello, parroco di Scampia:RealAudioMP3


R. – Sono le uniche realtà dove si fa cultura, dove si fa volontariato, dove si educa alla legalità. Penso che le parrocchie siano le principali agenzie educative che rimangono in questo territorio.

D. – Ci sono altri sostegni?

R. – Le voglio dare dei numeri. Ultimamente l’Istituto Suor Orsola Benincasa ha commissionato un’indagine qui a Scampia e è stato intervistato un certo numero di persone, per la maggior parte giovani, alle quali è stata rivolta questa domanda: chi è che a Scampia si impegna per dare lavoro, per dare sussistenza, per dare aiuto? L’80 per cento ha risposto che questo servizio di assistenza e di aiuto lo fa la camorra; il 9 per cento le parrocchie; e il restante 11 per cento è diviso tra la scuola e le istituzioni.

D. – A questo punto è giusto allora parlare dell’equazione degrado sociale e degrado ambientale uguale criminalità organizzata?

R. – Sì, se c’è la camorra a Napoli, se c’è la mafia in Sicilia, la ‘ndrangheta in Calabria o la Sacra Corona Unita in Puglia è perché c’è un sottobosco di illegalità, di piccole o grandi illegalità che genera poi in attività malavitosa e criminale; perché c’è una mentalità camorrista diffusa e capillare, le piccole prepotenze, la mancanza di rispetto delle leggi più elementari. Questo è l’humus ideale.

D. – Ma lei si definirebbe un prete anticamorra?

R. – Un prete, prima di tutto, è lì per annunciare Gesù Cristo, per annunciare il Vangelo e per dire alla gente che se si vuole dare un senso alla propria vita e se si cerca la felicità, l’unico che può dare la felicità vera e l’unico che non prende in giro, l’unico che dà un senso alla vita è Cristo. Questo è il compito del sacerdote, ma certamente lotta pure contro le ingiustizie. Un prete, quindi, in questi contesti non può starsene zitto e fare il topo di biblioteca: chi deve dare voce a questa gente? In questo il sacerdote oltre ad annunciare il Vangelo, lotta per i diritti dei più poveri e dei più indifesi. Se dobbiamo negare il matrimonio ad un camorrista, dobbiamo farlo; se dobbiamo rifiutare un matrimonio ad uno spacciatore che spaccia la morte, dobbiamo rifiutarlo e questo per coscientizzare, per dare un pugno nello stomaco e svegliare questa gente, mettendola di fronte alle proprie responsabilità e facendo capire loro che Dio non può andare d’accordo con la morte, con le ingiustizie, con le violenze e con i loro spacci. Io farei un appello ai miei confratelli parroci per unirci maggiormente in questo senso e dare così una risposta veramente corale. Se noi lottiamo insieme, tutti noi sacerdoti, la gente ci viene dietro.

D. – Sembra che coraggio e speranza siano quasi le parole d’ordine di questa visita di Benedetto XVI. E’ così?

R. – Sì e specialmente perché Napoli sembra essere ormai una città rassegnata, una città assopita, scoraggiata e potremmo dire quasi fatalista: ci si ripete spesso che non si può cambiare niente.

D. – Però pensate che vi sarà uno scossone?

R. – Io penso di sì e credo anche che il Papa – anche se lo dirà da Piazza Plebiscito e non da Scampia – ci dirà la sua parola per incoraggiarci, per incoraggiare noi sacerdoti ed i laici affinché non perdiamo la speranza e continuiamo a lottare, convincendosi – e di questo ci dobbiamo convincere – che anche i piccoli risultati devono dare una carica.







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