Cresce la preoccupazione per i due sacerdoti cattolici rapiti in Iraq
C’è preoccupazione per la sorte dei due sacerdoti siro-cattolici rapiti sabato scorso
a Mossul, nel nord Iraq. Stamani i rapitori hanno contattato i vertici della Chiesa
a Mossul, confermando che Padre Pius Afas e padre Mazen Ishoa sono in buone condizioni.
Ma da questo momento sono state interrotte le comunicazioni. Ci riferisce Giancarlo
La Vella:
“Mantenere
aperta la porta del dialogo” per riportare quanto prima in libertà i due sacerdoti
sequestrati. E’ quanto ha comunicato stamani all’agenzia missionaria internazionale,
Misna, l’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, mons. Basile Georges Casmoussa, che
in prima persona sta tenendo vivi i contatti con i sedicenti appartenenti a gruppi
estemisti islamici, ma più verosimilmente delinquenti comuni, autori del sequestro
dei due religiosi, per i quali, domenica scorsa all’Angelus, il Pontefice ha rivolto
un accorato appello per la liberazione immediata. “Questa mattina abbiamo parlato
per telefono con i loro rapitori – ha detto il presule – e la speranza di rivederli
presto resta viva”. Mons. Casmoussa avrebbe poi confermato che il rilascio è stato
vincolato al pagamento di un riscatto. E proprio sul reperimento di una somma di denaro
idonea, sembra si siano bloccate le trattative e al momento i rapitori non si sono
più fatti sentire. Ricordiamo che Padre Afas e padre Ishoa sono stati prelevati da
un numero imprecisato di uomini armati sabato pomeriggio, mentre si stavano recando
nella chiesa del quartiere di Al Faisaliya, per celebrare un funerale. Tutta la Chiesa
dell’Iraq, e non solo, partecipa alla situazione e rimane in attesa di buone notizie
nella preghiera e nella speranza che si risolva tutto al più presto. Ne abbiamo parlato
con don Fabio Corazzina, portavoce di Pax Christi:
R.
– C’è la speranza che si risolva tutto al più presto, ma credo – a detta anche degli
amici iracheni – che sia molto lontana. E questo perché a causa della guerra e dello
sbandierare la sicurezza a tutti i costi contro il terrorismo si è generata in Iraq
una situazione di assoluta impossibilità di controllo del territorio e di insicurezza
nel quotidiano nei confronti delle persone. E il problema non riguarda soltanto i
cristiani, poiché il sistema del rapimento per poter guadagnare soldi non credo che
sia soltanto un modo per finanziare il terrorismo, ma purtroppo è un modo per finanziarie
la criminalità più o meno organizzata. E’ diventato uno stile e un modo di vivere
dentro l’Iraq: il che ci dice quanto effettivamente questo territorio sia assolutamente
fuori controllo e ben lontano dal percorso democratico che noi volevamo portare. Questo
deve farci riflettere parecchio, credo. Questa è la vera realtà. Le persone ci dicono
che quando si è calpestati dalla violenza - che sia targata politica, che sia targata
ideologia, che sia targata religione o criminalità – la gente soffre.