2007-10-15 13:18:42

Ricevuto da Benedetto XVI un gruppo di vescovi del Congo-Brazzaville, in visita ad Limina. Ai nostri microfoni, il presidente dell’episcopato congolese, mons. Louis Portella Mbuyu


Benedetto XVI ha ricevuto stamani in Vaticano un gruppo di vescovi della Conferenza episcopale della Repubblica del Congo, noto come Congo-Brazzaville, in visita “ad Limina Apostolorum”. Sulla realtà della Chiesa congolese, il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3


Una Chiesa coraggiosa al servizio del Vangelo e dei più bisognosi. Evangelizzato oltre cento anni fa dai padri Spiritani, il Congo-Brazzaville ha conosciuto, soprattutto nella prima metà del secolo scorso, una notevole crescita numerica della comunità ecclesiale. Oggi, il 58 per cento dei 3 milioni di abitanti di questo Paese, poco più grande dell’Italia, è di fede cattolica. In crescita anche le vocazioni sacerdotali. Il Congo conta un’arcidiocesi, cinque diocesi e una prefettura apostolica. I sacerdoti sono circa 400. Dopo oltre vent’anni di governi di stampo marxista, la Chiesa si è impegnata nel processo di ricostruzione della società civile congolese, sostenendo la transizione al multipartitismo, nella prima metà degli anni ’90. Negli ultimi anni, l’episcopato non ha mancato di denunciare i mali che affliggono il Paese, dalla miseria all’AIDS, dalla disgregazione delle famiglie all’aborto, ancora alla cattiva gestione delle ricchezze del sottosuolo. D’altro canto, la Chiesa congolese mostra grande vitalità ed oggi tanti giovani congolesi accettano di partire come missionari. Sulle sfide attuali per la Chiesa del Congo, ecco la testimonianza di mons. Louis Portella Mbuyu, vescovo di Kinkala e presidente della conferenza episcopale del Congo-Brazaville, intervistato da Albert Mianzoukouta:
 
“Oggi c’è molto lavoro da fare nella pastorale familiare. Oggi riscontriamo una diminuzione del numero dei matrimoni cristiani: si formano molte coppie, ma quando si tratta di compiere il passo del matrimonio sacramentale cominciano i problemi e la pratica della convivenza si va diffondendo come una cosa normale. C’è quindi molto da fare perché la gente capisca il senso autentico di questo sacramento. Sempre nell’ambito pastorale, i vescovi puntano molto sulla formazione dei laici. Questa, a mio avviso, è molto importante, se si considera che nella società congolese manca una vera presenza cristiana, come mancano laici formati nelle sfere decisionali politiche ed economiche. Si tratta di un problema, ad un tempo, pastorale e sociale: cristiani convinti e formati sono ancora troppo pochi e quindi non pesano a questi livelli. È invece importante che ci siano luoghi di testimonianza della Chiesa e quindi dobbiamo formare i fedeli alla Dottrina sociale cattolica e, in particolare, quelli con posizioni di responsabilità al senso di questa testimonianza cristiana”.

Mons. Portella si sofferma poi sul ruolo della Chiesa nella società congolese:

“Una società deve essere interpellata perché essa si organizzi in maniera più giusta e perché le decisioni prese possano beneficiare la popolazione. Ecco perché da cinque anni a questa parte abbiamo promosso una riflessione sulla gestione del petrolio. Questo ha provocato diverse reazioni, ma almeno ha permesso di avviare un dibattito aperto a tutti e abbiamo fatto progressi. Ritengo che, anche in questo ambito la Chiesa abbia il dovere di essere vigile sui valori cristiani e sulle mancanze della politica”.
 
Vicina ai bisogni dei più poveri, la Conferenza episcopale congolese ha lanciato proprio alla fine della sua 35.ma assemblea plenaria, lo scorso aprile, un appello per un impegno concreto contro la miseria. “La povertà – si legge nel comunicato dei vescovi – pone un drammatico problema di giustizia”. Per questo, i presuli esortano il governo “a promuovere una politica efficace di protezione sociale e di accesso duraturo al lavoro”. La Chiesa è dunque un punto di riferimento per il popolo congolese. E d’altronde, già nel 1980 – visitando il Congo-Brazzaville – Giovanni Paolo II aveva affermato che qui Cristo ha molti amici e che la Chiesa africana “è matura per affrontare tutte le contrarietà e tutte le prove”.







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