Dedicato a padre Ragheed Ganni, sacerdote caldeo ucciso in Iraq a giugno con 3 suddiaconi,
un centro medico ad Erbil
Distribuirà farmaci gratuitamente, a cristiani e musulmani, il centro medico dedicato
a padre Ragheed Ganni, il sacerdote caldeo ucciso a Mosul il 3 giugno scorso insieme
con tre suddiaconi. Ospitato nei locali della chiesa di Mar Qarddagh ad Erbil, in
Iraq, il centro è stato inaugurato sabato scorso, sei anni dopo la data di ordinazione
del sacerdote. A presiedere la cerimonia - riferisce l'Agenzia Fides - sono intervenuti
mons. Paulos Faraj Rahho, vescovo caldeo di Mossul, mons. Rabban Al Qas, vescovo caldeo
di Amadhiya ed amministratore vescovile di Erbil, e mons. Jaques Isaac, patriarca
vicario e rettore del Babel College di Ankawa. Tra i presenti, anche mons. Gregorios
Saliba Shamoun, vescovo siro ortodosso di Erbil, ed alcuni rappresentanti del governo
regionale curdo, tra i finanziatori del progetto. Per far conoscere al mondo la figura
di padre Ganni è stato ideato, inoltre, un sito web dedicato alla raccolta delle testimonianze
di coloro che lo hanno conosciuto e accompagnato nella sua vita spirituale. Il progetto
– afferma padre Rayan Atto, parroco della chiesa cattolica Caldea di Mar Qardagh –
ha già ricevuto l’approvazione di mons. Rahho e sarà supportato dalla pubblicazione
di un libro. Strumenti che – sottolinea il sacerdote all'Agenzia Sir – “serviranno
a rinnovare il ricordo di uno dei martiri della nostra Chiesa, a comprendere a fondo
le linee guida della sua vita e a seguirle come esempio di vita cristiana”. Scopo
del progetto è anche quello di tener desta l’attenzione della Chiesa nel mondo e dell’opinione
pubblica internazionale sulla difficile condizione della comunità cristiana in Iraq,
una minoranza minacciata e quotidianamente perseguitata. Gli osservatori della Caritas
Internationalis descrivono una comunità costretta alla fuga e allo sfollamento: secondo
i dati forniti dall’organizzazione cattolica i cristiani rappresenterebbero il 10
per cento degli 800.000 profughi fino ad oggi rifugiati in Giordania dall’Iraq. (C.D.L)