L'Italia celebra la Giornata della persona con Sindrome di Down. Anna Contardi (AIPD):
servono migliori servizi
Una vasta campagna di sensibilizzazione e una corretta informazione per debellare
pregiudizi e luoghi comuni: è l'obiettivo dell'odierna Giornata nazionale della Persona
con Sindrome di Down, promossa dal Coordinamento nazionale delle associazioni
delle persone down, che in Italia sono oggi circa 38 mila. In oltre 60 città della
Penisola, e in più di 200 punti d'incontro, verrà offerta una tavoletta di cioccolato
del commercio equo e solidale in cambio di un contributo, allo scopo di sostenere
i progetti delle associazioni. Eliana Astorri ha chiesto ad Anna Contardi,
da 20 anni coordinatrice dell'Associazione italiana persone down (AIPD), quale sia
la condizione delle persone affette da questa sindrome:
R. -
E’ una persona che ha una condizione genetica particolare che determina alcune caratteristiche,
delle quali la più evidente è la disabilità intellettiva. Infatti, le persone con
Sindrome Down sono le persone con disabilità intellettiva probabilmente più conosciute
e più identificabili, nel panorama della disabilità intellettiva.
D.
- Perché ci sono ancora pregiudizi su queste persone? C’è ancora chi pensa che siano
individui “stupidi”...
R. - Secondo me, perché c’è
poca conoscenza e molte persone pensano che una persona che ha la Sindrome di Down
sia una persona che avrà sempre un atteggiamento di passività, che non può magari
prendere iniziative, avere dei sentimenti, svolgere con buone capacità un lavoro.
Mentre, ormai, l’esperienza di chi ha accettato l’incontro con queste persone ci ha
permesso di capire che oggi un bambino con Sindrome Down è un bambino che va a scuola
con gli altri bambini e può imparare a leggere e a scrivere, che un bambino, un adolescente
con Sindrome Down possono raggiungere dei livelli di autonomia, sia pure ridotta,
ma che questo permette loro per esempio di prendere un autobus e di muoversi da soli
in una città, e che alcune persone adulte con Sindrome Down, sicuramente più di quelle
che oggi già lo fanno, possono inserirsi produttivamente nel mondo del lavoro.
D.
- Qual è la posizione delle istituzioni nei confronti del sostegno alle persone con
Sindrome di Down?
R. - Il nostro è un Paese che ha
molte leggi buone e a volte delle difficoltà di applicazione. Per quanto riguarda
i bambini, il bisogno e la risposta più forte alle istituzioni è sul piano riabilitativo
e sul piano dell’inserimento scolastico. Sicuramente, rispetto a ciò, in Italia abbiamo
ancora delle situazioni a "macchia di leopardo": non dappertutto le due questioni
vengono garantite come dovrebbero, ma probabilmente le carenze più grandi le abbiamo
proprio nell’età adulta. Perché, di fatto, ci sono ancora pochi servizi che seguono
gli inserimenti lavorativi e che quindi rendono pienamente attuata una legge che pure
esiste ed è una legge buona sull’inserimento nel lavoro delle fasce deboli. E certamente,
c’è ancora molto da fare per quanto riguarda la risposta alla residenzialità degli
adulti, cioè alla possibilità per una persona adulta o perché non ha più la famiglia
o perché ha desiderio di una sua vita fuori dalla famiglia, di trovare delle risposte
adeguate dal punto di vista delle case-famiglia e delle comunità-alloggio.