Il Movimento per la Vita presenta le sue tesi per la Settimana Sociale dei cattolici
italiani
E’ stato presentato ieri mattina nella sede della nostra emittente il Contributo del
Movimento per la Vita alla 45esima Settimana Sociale dei cattolici italiani. In vista
dell’appuntamento che si terrà a Pisa e Pistoia dal 18 al 21 ottobre prossimo, anche
la storica associazione di laici fondata a Firenze nel 1975, con lo scopo di difendere
la vita dal concepimento fino alla morte naturale, ha elaborato un documento ufficiale
nel quale vengono presentate cinque tesi. Ce ne parla il Presidente Carlo Casini,
intervistato da Davide Dionisi.
R. -
Noi abbiamo elaborato un documento, non improvvisato, che è il frutto di un pensiero
che si è sviluppato nel corso degli anni da parte del Movimento per la Vita, ma che
si è poi coagulato in un seminario apposito. Fondamentalmente viene colto un pensiero
di Giovanni Paolo II, che paragona all’inizio del terzo millennio l’enciclica di Leone
XIII, la Rerum novarum, alla sua enciclica Evangelium vitae e che quindi pone il paragone
fra la partenza del Movimento cattolico in Italia, polarizzato sulla questione operaia,
e la necessità di un nuovo movimento cattolico, polarizzato sulla visione antropologica,
sul diritto alla vita dal concepimento in poi.
D.
- Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano. Perché la scelta di questo
tema per la quattro giorni di Pisa e Pistoia?
R.
- Abbiamo ripreso esattamente il tema della settimana sociale, che è la 45esima ma
che celebra il centenario, e lo abbiamo ripreso perché è particolarmente adatto a
sostenere la nostra tesi, che si può riassumere in modo più sintetico dicendo che
la questione antropologica, cioè la tutela del diritto alla vita dal concepimento
- lo ripetiamo perché le parole vaghe non ci piacciono, non ci basta la cultura della
vita, non ci basta parlare di accoglienza delle vita, non ci basta parlare di vita
potenziale; noi stiamo parlando della vita reale di essere umani, di individui che
sono persone - sia oggi la prima di tutte le questioni a dover essere affrontata da
chi vuole costruire una società migliore quindi anche dalla politica. Questa è la
tesi di fondo.
D. - Nella prima tesi del documento
si legge che l’Evangelium vitae è una enciclica sociale. Vuole spiegarci meglio…
R.
- E’ la conseguenza di questo primato della questione antropologica. La questione
antropologica significa, evidentemente, che ogni essere umano deve essere protetto
dalla società e deve essere affermata la sua dignità, la sua eguaglianza, la sua libertà:
l’esclusione di una parte di esseri umani dal contesto dei soggetti che l’ordinamento
considera tali e che quindi sono riconosciuti titolari di un diritto di libertà, di
un diritto alla vita, di un diritto alla giustizia, è il fatto fondamentale. Quando
si è in guerra, ad esempio, qual è la prima questione politica? Fare la pace. Oggi
qual è la prima questione politica? Smetterla di legittimare la soppressione degli
innocenti. Questa è la nostra tesi e questo è proprio il cuore del documento che noi
abbiamo presentato.
D. - Nello scritto è anche evidenziato
che è necessario stabilire una gerarchia di fini da realizzare nell’ora presente.
Quali sono i fini a cui fate riferimento?
R. - Non
possiamo ignorare i contenuti della politica. C’è il problema del lavoro: quanti disoccupati?
C’è il problema della casa: quanti senza casa? C’è il problema degli immigrati, uomini
come noi ma nei confronti dei quali occorre una regola. C’è il problema economico:
bisogna pur trovare i mezzi per risolvere le questioni dell’uomo. C’è il problema
della politica internazionale, basti pensare ai rapporti con l’islam, al terzo mondo
bisognoso di tanto aiuto… Ecco, la nostra sfida è quella di Giovanni Paolo II. La
prima sfida è quella della vita e tutte queste questioni non possono essere risolte
se non si parte dall’affermazione della dignità umana e del diritto alla vita di tutti
gli esseri umani a cominciare dai più piccoli e indifesi, quali sono in particolare
i bambini non ancora nati.