2007-10-12 15:40:56

La "Messa da Requiem" di Giuseppe Verdi eseguita ieri a San Paolo fuori le Mura, seconda tappa del Festival internazionale di musica e arta sacra


Un immenso capolavoro della musica sacra composto per celebrare la scomparsa del venerato Alessandro Manzoni e occasione per confrontarsi col mistero della morte. E’ la “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi che ieri, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, ha segnato la seconda tappa del Festival internazionale di musica e arte sacra in corso a Roma fino a sabato. Sul podio, il Maestro Daniele Gatti a dirigere i “Wiener Philharmoniker”, orchestra in residence del Festival, affiancati dal Coro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia e da un prestigioso quartetto di solisti: il soprano Fiorenza Cedolins, il mezzosoprano Dolora Zajick, il tenore Fabio Sartori e il basso Ferruccio Furlanetto. Ad assistere alla cerimonia, vi erano fra gli altri l'arciprete della Basilica di San Paolo Fuori le Mura, il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, e il cardinale Francesco Marchisano, presidente dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3


(musica)

 
Squilli di tromba, colpi minacciosi di grancassa, esplosioni di voci rotte da improvvisi silenzi e sussurri angosciati: sin dalle prime note, la Messa di Verdi ci trasporta nel vivo del Giudizio finale, dinanzi al dramma dei morti al cospetto dell’Eterno, da cui si innalza la supplica dell’umanità intera: “Libera me, Domine, de morte aeterna”. Il musicista di Busseto adopera la scrittura più varia e più complessa in armonia, timbri, contrappunti, carica di reminiscenze operistiche, di senso drammatico, di uomo di teatro qual era. Per questo: “Requiem”. Il Maestro Daniele Gatti:

 
“Ci sono dei canoni magari più vicini a quella che è un’area lirica, ma io penso che, al di là di questo, è la spiritualità che innerva tutta la composizione da tenere presente, frutto anche di una persona che probabilmente era alla ricerca di una fede, di un Dio... Chi scrive queste cose, ce le ha dentro”.

 
Non si fa divulgatore del messaggio cristiano, Verdi, non praticante e non credente. Ma interpreta il testo liturgico in un’alternanza continua in musiche e parole tra terrore del supplizio e pietà: così il Maestro legge il mistero della morte. Ancora Gatti:

 
“Il testo stesso, scelto da Verdi, è un testo che è articolato sia in terza persona che in prima persona, e questo è molto importante, perché la sequenza dei morti è recitata in terza persona, quindi un po’ astratta, non partecipante... In altri casi, invece, i solisti cantano in prima persona, cioè: ‘Io, peccatore, abbi pietà di me!’, e cambia il rapporto quindi con il Dio-Giudice da questo punto di vista. C'è il terrore per la punizione ma, d’altro canto, con il testo in prima persona, anche il rapporto più intimo con una figura paterna”.

 
Ne scaturisce uno spirito religioso, seppur intimo, individuale, aspro, che tradisce alla fine la cupezza tipica della Messa da Requiem:

 
“Potrebbe apparire in un primo momento una visione molto pessimistica della morte, però non dimentichiamo che il “Libera me” finale finisce con un accordo maggiore, radioso, e le ultime parole non terminano in un’atmosfera cupa, di disperazione ma terminano in un’atmosfera aperta che quantomeno ha la speranza!”.







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