2007-10-12 15:41:29

Dieci anni fa moriva don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas diocesana di Roma


Il sacerdote "uomo della preghiera", ma soprattutto il sacerdote come "educatore della fede nella vita", partendo "dagli avvenimenti”. E' l'intuizione che illuminerà per tutta la vita il ministero di don Luigi Di Liegro, definito “profeta dei poveri” da Giovanni Paolo II per il suo lavoro a servizio dei diseredati, sublimato dalla fondazione della Caritas diocesana di Roma. Il 12 ottobre di dieci anni fa, don Luigi concludeva la sua avventura terrena e questa sera, alle 19, il cardinale vicario, Camillo Ruini, ne ricorderà la testimonianza durante una Messa di suffragio nella Basilica Lateranense. Fabio Colagrande ha chiesto un ricordo a Franco Pittau, coordinatore del dossier Statistico Immigrazione di Caritas/Migrantes, e alla giornalista Laura Badaracchi, autrice del libro “Luigi Di Liegro, profeta di carità e giustizia”:RealAudioMP3


R. - Come individuo, ciò che mi è piaciuto di più in lui è che sapeva essere un uomo molto duro. Ma era di una dolcezza infinita quando una persona si trovava nel bisogno. Questo è forse il motivo di maggiore grandezza, perché essere dolci con i potenti è una cosa facile, ma vedere nell’ultimo - come ci ha detto Gesù - la sua figura, non è da tutti. Lui aveva degli abissi di dolcezza nel portare aiuto e diceva che gli ultimi “sono il tempio dello spirito”, ma anche che chi non era così malandato, ma si trovava in una situazione di bisogno, per lui era persona da privilegiare. Questo è straordinariamente bello e non lo dimenticherò mai. Come uomo di Chiesa, faceva delle riflessioni molto belle su Dio, aveva un contatto quotidiano con Gesù. E poi la sua parrocchia era la città ed è una cosa un po’ insolita, perché ogni cosa che capitava nella città di Roma era una cosa che lo toccava direttamente come cristiano, anche cose che potevano sembrare banali. Lui amava questa città che doveva essere più dignitosa, offrire più spazi a tutti.

 
D. - Laura Badaracchi, l’eredità che lascia oggi don Di Liegro? Possiamo dire che la sua testimonianza sia stata recepita? Nel tessuto ecclesiale e sociale c’è ancora molto da fare?

 
R. - C’è ancora molto da fare, senz’altro. Don Luigi ha aperto dei varchi, ha aperto delle piste di lavoro sia a livello sociale, sia a livello ecclesiale. Lui sognava una parrocchia con le porte aperte ai diversi, agli altri, alle persone in difficoltà, dove davvero nessuno potesse sentirsi solo. Pensiamo oggi a tutti i problemi legati all’immigrazione, legati ai malati terminali, ai disabili, alle persone che hanno un lavoro precario, alle famiglie a rischio di povertà. Se don Luigi fosse ancora qui aprirebbe di nuovo il suo cuore e inviterebbe ogni credente a fare altrettanto, ma in modo molto concreto, nella vita di ogni giorno, perché queste persone non siano sole.







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