Commissione del Congresso Usa condanna il genocidio armeno. La Turchia: un insulto
L’approvazione, negli Stati Uniti, di una risoluzione che definisce “genocidio” i
massacri di armeni da parte dei turchi ottomani nel 1915 e nel 1916 rischia di danneggiare
i rapporti tra Turchia e Stati Uniti. E’ quanto sostengono il governo turco e il presidente
americano George W. Bush, contrario alla risoluzione caldeggiata dai Democratici.
Secondo l’esecutivo di Ankara, si tratta di una mossa irresponsabile, in un momento
molto delicato. Il nostro servizio:
La Commissione
Affari Esteri del Congresso statunitense, a maggioranza democratica, ha approvato
una risoluzione che definisce “genocidio” lo sterminio, durante la Prima Guerra Mondiale,
di centinaia di migliaia di armeni. La risoluzione andrà adesso in aula per il voto
previsto a metà novembre. Il presidente George W. Bush teme riflessi sulla politica
americana in Medio Oriente. Secondo Bush, eventi lontani nel tempo rischiano di provocare
gravi danni alle relazioni con un alleato chiave nella guerra contro il terrorismo.
La reazione della Turchia, membro della NATO, è stata immediata: il capo di Stato
turco, Abdullah Gul, definisce un "insulto" la risoluzione e ha minacciato “di ridurre
il sostegno logistico alle truppe americane in Iraq” e di chiudere lo spazio aereo
turco ad aerei militari americani. Quest’ultima minaccia avrebbe conseguenze immediate:
nella Turchia meridionale si trova infatti la base statunitense da dove partono i
velivoli diretti in Iraq e in Afghanistan. Secondo diversi osservatori, una crisi
nei rapporti tra governi turco e statunitense potrebbe inoltre portare la Turchia
ad approfondire i propri legami con l’Iran e ad allentare la pressione economica sulla
Siria. Questa linea comporterebbe anche un inevitabile deterioramento dei rapporti
con Israele. Ancora oggi i dati sullo sterminio degli armeni sono contrastanti: secondo
fonti indipendenti sarebbero state uccise più di un milione e mezzo di persone. Fonti
armene parlano di 3 milioni di vittime, mentre secondo fonti turche i morti sono circa
200 mila. Secondo molti storici, dal massacro, perpetrato contro quella che era considerata
una minoranza pericolosa per l’integrità dell’allora Impero Ottomano ormai vicino
al tramonto, si salvò solo chi riuscì a fuggire in Europa e chi abitava nella parte
orientale del territorio storicamente armeno. Questa area, poco più grande di Piemonte
e Valle D’Aosta, è stata inizialmente inglobata nell’ex Unione Sovietica e successivamente,
nel 1991, è stata dichiarata indipendente dando vita all’attuale Repubblica armena.
Stefano Leszczynski ha chiesto ad Antonio Stango, presidente del Comitato italiano
Helsinki per i diritti umani, che cosa comporti questa situazione per le relazioni
tra Turchia e Stati Uniti: