2007-10-09 13:55:54

Messaggio del cardinale Tauran al mondo islamico per la fine del Ramadan: cristiani e musulmani testimonino il rispetto reciproco in spirito di pace. Intervista con il porporato


“Cristiani e Musulmani: chiamati a promuovere una cultura di pace”: è questo il titolo del Messaggio inviato dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, ai fedeli musulmani in occasione della loro festività - l’"Id al-Fitr" - che tra pochi giorni, a metà di ottobre, segnerà la fine del Ramadan, il periodo sacro alla religione islamica. Giovanni Peduto ha chiesto al capo del dicastero vaticano di spiegare lo spirito del messaggio:RealAudioMP3


R. - E’ un messaggio di solidarietà spirituale, che insiste su due priorità: l’educazione e l’esempio, compito dei credenti. Prima di tutto, l’educazione: accogliere l’altro, rispettare le sue convinzioni. Si parla nel testo di condividere le ricchezze specifiche degli uni e degli altri. Poi, viene l’esempio: i credenti devono essere fedeli ai loro doveri umani e religiosi e soprattutto dimostrare solidarietà attraverso una vita conforme al piano del Creatore. Questo è l’aspetto dell’educazione e della testimonianza.

 
D. - La libertà di religione non si riduce alla semplice libertà di culto - si legge nel messaggio - perché è "uno degli aspetti essenziali della libertà di coscienza”: ci può precisare meglio questa affermazione?

 
R. - La libertà di culto è la possibilità di avere una Chiesa, una moschea, un tempio aperti. Questo è molto importante, ma è solo un aspetto della libertà di religione, perché la libertà di religione è, prima di tutto, la libertà lasciata alla coscienza della persona umana di fare o non fare la scelta di Dio. La libertà di religione è anche l’assenza di costrizione da parte della società e dello Stato sulla coscienza della persona umana ed è il riconoscimento della sua dimensione sociale. Non significa solamente avere una Chiesa aperta, ma anche svolgere opere caritative, avere le proprie scuole e gli ospedali, partecipare al dialogo pubblico. Insomma, la libertà di religione è una libertà sociale.

 
D. - Ma come far valere il principio della reciprocità?

 
R. - Come sapete, il principio della reciprocità è quello di poter avere gli stessi diritti e vantaggi in un Paese e in un altro. Questo principio, quindi, viene soprattutto attuato attraverso la diplomazia. La Santa Sede, essendo in contatto con diversi governi, può attirare la loro attenzione su questo principio di reciprocità, che in realtà è un principio di equità.

 
D. - Il messaggio ribadisce che ogni ricorso alla violenza non può mai avere delle motivazioni religiose, poiché essa offende l’immagine di Dio nell’uomo. Come vincere oggi il terrorismo?

 
R. - Prima di tutto, cercando il motivo per cui esiste il terrorismo. Molte volte il terrorismo non è che la manifestazione di una situazione di ingiustizia. Non per legittimare il terrorismo, ma si deve riconoscere che il terrorismo nasce su un terreno dove sono presenti situazioni non risolte. Prima di tutto, dunque, dobbiamo cercare di rimediare a queste situazioni di ingiustizia. Poi, dobbiamo educare al diritto alla vita, educare alla dignità umana, per far capire che Dio solo è il “Padrone della mia vita”. E’ importante rifiutare soprattutto il terrorismo in nome di Dio, come Benedetto XVI ha detto tante volte e ripete sempre: religione e violenza non vanno assieme.

D. - Lei esprime l’auspicio di una “intensificazione del dialogo” fra cristiani e mondo islamico…

 
R. - Sì, dobbiamo favorire - cosa che abbiamo detto tante volte - il dialogo della vita, il dialogo delle opere, gli scambi teologici e i dialoghi sull’esperienza religiosa. Io, da quando mi trovo in questo Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, sono rimasto colpito dal sapere che ci sono associazioni internazionali di dialogo interreligioso tra monaci e monache cattoliche, che hanno, per esempio, scambi di collaborazione, di informazione con persone consacrate delle altre religioni.







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