Benedetto XVI invita a pregare perchè i cristiani che si trovano in minoranza abbiano
il coraggio di testimoniare la fede
Benedetto XVI invita i fedeli a pregare in questo mese di ottobre perché “i cristiani
che si trovano in situazione di minoranza, abbiano la forza ed il coraggio di vivere
la fede e perseverino nel testimoniarla”. Questa esortazione del Papa è indicata nella
lettera con cui si stabiliscono le intenzioni generali per l’Apostolato della Preghiera.
Ai cristiani, nei Paesi dove sono in minoranza, non sempre viene garantita una adeguata
libertà religiosa. In alcuni Stati, poi, la testimonianza della fede va incontro ad
altri ostacoli di matrice culturale, come in Giappone. Ascoltiamo, al microfono di
Amedeo Lomonaco, l’ispettore salesiano nel Paese asiatico, padre Orlando
Puppo, raggiunto telefonicamente a Tokyo:
R. –
Dal punto di vista della legge, c’è assoluta libertà di culto. In pratica, però, soprattutto
nelle zone di campagna, manca la libertà sociale. E’ difficile diventare cristiani,
perché ci sono preconcetti e pregiudizi, per cui non conviene sposarsi con un cristiano
o una cristiana. Quando una persona abbraccia la fede cristiana, molte volte viene
isolata dalla gente. In questo senso, devono avere il coraggio di diventare cristiani,
ma quelli che lo diventano, anche se pochi, sono 'convinti'. Sanno di aver preso una
decisione molto personale che li lega a Cristo e hanno scelto Cristo, piuttosto che
le loro tradizioni, i loro modi di vedere, caratteristici della società dove vivono.
E’ un atto di coraggio.
D. Come i cristiani devono
vivere e testimoniare la loro fede nei Paesi dove sono in minoranza?
R.
– La partecipazione alla liturgia è, a livello pubblico, la testimonianza più evidente.
Nella sfera personale è poi importante il modo di agire, di parlare, il vivere come
cristiani, anche se la 'corrente' non è cristiana.
D.
– Padre, queste due dimensioni, quella partecipativa e quella interiore, quali caratteristiche
presentano in Giappone?
R. – I cattolici stranieri
sono di più di quelli giapponesi, a causa dell’immigrazione. C’è, quindi, un contrasto
molte volte nel modo di manifestare e mostrare la vita cristiana, soprattutto nella
liturgia. Per quanto riguarda la dimensione interiore, è veramente cristiana quando
si accoglie il Vangelo con gioia, quando si nota che si è chiamati da Dio, eletti
da Cristo e mandati da Cristo.
D. – Il Papa esorta
tutti i cristiani ad essere missionari, a testimoniare il Vangelo. Cosa significa
essere realmente missionari, soprattutto in Giappone?
R.
– Per me significa non lasciarsi trasportare dalla 'corrente'. Qui c’è una corrente
permissiva, una concezione edonistica secondo cui tutto ha termine con la vita terrena.
Al cristiano, invece, in genere, domandiamo di avere una vita che cerchi di essere
pura; di sforzarsi dove l’ambiente non è puro, di cercare di essere onesto dove l’ambiente
non è onesto, di essere fedele, dove ci sono tanti casi di infedeltà.
D.
– Quali sono le esigenze di una Chiesa in missione?
R.
– Quello che dice il Papa: “Non aver paura di comunicare la fede, di diventare missionari”.
Non si riceve la fede soltanto per noi stessi. La fede si riceve da Dio e per condividerla
con gli altri negli atti e nelle parole; si riceve vivendo secondo questa fede. Bisogna
essere coerenti con quella grazia ricevuta ed accettata.