2007-09-29 15:53:49

Myanmar: l'esercito carica la folla. Giunto nel Paese l'inviato ONU


Dopo una mattinata di calma, l’esercito birmano è tornato ad attaccare un gruppo di manifestanti scesi in strada a Yangon, città presidiata dai militari e dove vige lo stato d’assedio. Tra arresti e cariche è iniziata la missione dell’inviato dell’ONU, Ibrahim Gambari, che ha il difficile compito di spegnere gli animi. Intanto l’Unione Europea ha deciso di inasprire le sanzioni nei confronti del Myanmar. Benedetta Capelli: RealAudioMP3

 
Il notevole dispiegamento di militari e le piogge monsoniche, che hanno colpito Yangon, non hanno scoraggiato i circa cento manifestanti riuniti presso il ponte di Pansoedan. La folla, accerchiata dai soldati, ha applaudito al loro indirizzo, in segno di protesta, scatenando così la dura reazione. Cinque gli arresti, un numero esiguo rispetto ai giorni scorsi. Continua intanto a mancare il collegamento ad internet, ripristinato oggi soltanto per due ore e poi interrotto. In questo clima è giunto nel Paese, proveniente da Singapore, l’inviato dell’ONU, Ibrahim Gambari. L’ex ministro degli Esteri nigeriano si è trattenuto per poco nella capitale ed è volato alla volta di un villaggio in mezzo alla giungla, situato 385 chilometri più a nord, sede del quartiere generale della giunta militare. L’emissario di Ban Ki-moon avrà il difficile compito di convincere i vertici del regime a rinunciare alla violenza e ad aprire al dialogo. Tentativi che, negli ultimi 19 anni, la comunità internazionale ha cercato di fare, fallendo sempre. Gambari ha espresso l’intenzione di parlare con tutte le forze sociali, alludendo all'ex leader dell’opposizione e premio Nobel, Aung San Suu Kyi , trasferita dagli arresti domiciliari ad un carcere di massima sicurezza. Intanto l’Unione Europea ha convocato l’incaricato d'affari del Myanmar a Bruxelles, annunciando la preparazione di sanzioni più dure nei confronti del Paese. Un appello alla Cina perché favorisca la mediazione è giunto dall’Alto Rappresentate della politica estera dell’UE, Solana. Il primo ministro cinese, Wen Jiabao, già ieri aveva chiesto alla giunta militare di usare "metodi pacifici" mentre la Russia, vicina come l’India al Myanmar, ha detto di considerare le eventuali sanzioni una misura “prematura”.A far sentire la loro voce anche i vescovi cattolici dell'Asia che hanno manifestato la loro "più profonda preoccupazione" per "gli sconvolgenti avvenimenti " in corso in Myanmar. Infine, il PAM, Programma Alimentare Mondiale, ha reso noto che la giunta militare ha ostacolato la distribuzione degli aiuti, fondamentali per 500mila persone, nelle zone più povere del Paese. L’agenzia ONU ha chiesto quindi di avere libero accesso per portare sostegno a tutti.

E la Caritas Internationalis si sta preparando ad accogliere eventuali flussi di rifugiati provenienti dal Myanmar nella vicina Thailandia. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente in una città al confine tra i due Paesi un rappresentante del Network Caritas che per ragioni di sicurezza ha chiesto l’anonimato:RealAudioMP3


R. – Non è ancora chiaro che livello di scontro con le forze del governo si possa raggiungere. La stessa mancanza di informazioni che subiscono le persone all’interno del Paese porta ad una situazione di insicurezza.

 
D. – Dalle informazioni che trapelano la situazione a Yangon sarebbe molto più grave di quanto viene raccontato...

 
R. – Quello che è certo è che dopo la morte di un numero di persone che, purtroppo, è ancora indefinito, ci si chiede se adesso la situazione verrà ricomposta e in che modo. Le proteste pacifiche devono poter continuare, non possono essere represse con la violenza dal governo birmano. Dall’altra parte, la comunità internazionale deve riuscire ad usare tutti gli strumenti per poter fare opera di convincimento soprattutto su quei Paesi e su quelle strutture che hanno una forza di pressione reale sul Myanmar, come l’India e la Cina, e poter fare forte pressione per il rispetto dei diritti umani.

 
D. – Cosa farà la Caritas rispetto a questa situazione in Myanmar?

 
R. – Uno, continuare l’attività di pressione con tutti quanti i canali e gli strumenti possibili. Altro elemento importante è che all’interno del Paese comincia ad avvertirsi la pressione anche verso la Thailandia. Ci si sta organizzando in collaborazione con Caritas Thailandia per poter eventualmente far fronte alla pressione dei profughi e dei rifugiati in fuga dalla repressione del Paese birmano.







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