2007-09-29 13:50:46

I vescovi, “angeli” che portano all’uomo le cose di Dio: nella Festa dei Santi Arcangeli Benedetto XVI ha ordinato in San Pietro sei nuovi vescovi


Gli uomini dovrebbero diventare “angeli gli uni per gli altri”, ma questo compito è certamente proprio di un vescovo, chiamato per grazia e ministero a essere un mediatore fra Dio e gli uomini. Sono i pensieri con i quali stamattina, in una Basilica di San Pietro gremita da migliaia di fedeli, Benedetto XVI ha presieduto e accompagnato la consacrazione di sei nuovi presuli, nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa dei tre Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele. Riviviamo alcuni momenti della cerimonia, nella sintesi di Alessandro De Carolis: RealAudioMP3

Messaggeri fra il cielo e la terra, fra la grandezza di Dio e le miserie dei suoi figli. Angeli come Michele, che fa spazio al divino di cui talvolta l’uomo vorrebbe sbarazzarsi. Angeli come Gabriele, che porta Cristo nel cuore dell’uomo, come l’Arcangelo fece con Maria il giorno dell’Annunciazione. Angeli come Raffaele, il medico che purifica l’amore tra uomo e donna, che sana la cecità di chi non vede le cose del cielo. Il vescovo è colui che apre il cielo e la terra, come gli Angeli che stanno al cospetto di Dio e portano il suo tocco all’umanità.

 
(canto)

 
Con un’omelia di grande intensità, Benedetto XVI ha tratteggiato l’unicità della missione episcopale. Lo ha fatto in una Basilica di San Pietro che presentava il colpo d’occhio delle giornate più solenni, nel giorno in cui le mani del Papa si sono posate sul capo di sei uomini, consacrati alla dignità e al ministero di vescovi. Un polacco, mons. Mieczysław Mokrzycki, arcivescovo coadiutore del cardinale, Marian Jaworski, nell’arcidiocesi ucraina di Leopoli dei Latini, mons. Gianfranco Ravasi, di recente nominato dal Papa a capo del dicastero vaticano della Cultura e delle Pontificie Commissioni per i Beni culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra. E ancora, l’arcivecovo Tommaso Caputo, che svolgerà il ruolo di nunzio apostolico a Malta e in Libia, l’arcivescovo Francesco Giovanni Brugnaro, pastore dell’arcidiocesi italiana di Camerino-San Severino Marche, il neoprefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, mons. Sergio Pagano, e il segretario della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede, mons. Vincenzo Di Mauro. A loro, Benedetto XVI ha ricordato come nella Chiesa antica i vescovi venissero “qualificati come angeli”, perché il loro servizio richiama la natura stessa di queste creature celesti:

 
“Essi sono messaggeri di Dio. Portano Dio agli uomini, aprono il cielo e così aprono la terra. Proprio perché sono presso Dio, possono essere anche molto vicini all’uomo. Dio, infatti, è più intimo a ciascuno di noi di quanto non lo siamo noi stessi. Gli Angeli parlano all’uomo di ciò che costituisce il suo vero essere, di ciò che nella sua vita tanto spesso è coperto e sepolto. Essi lo chiamano a rientrare in se stesso, toccandolo da parte di Dio. In questo senso anche noi esseri umani dovremmo sempre di nuovo diventare angeli gli uni per gli altri – angeli che ci distolgono da vie sbagliate e ci orientano sempre di nuovo verso Dio”.
 
Dunque, ha osservato Benedetto XVI, se la Chiesa della prima ora chiamava i vescovi “angeli” intendeva dire proprio questo:

 
“I vescovi stessi devono essere uomini di Dio, devono vivere orientati verso Dio. 'Multum orat pro populo' – 'Prega molto per il popolo', dice il Breviario della Chiesa a proposito dei santi vescovi. Il vescovo deve essere un orante, uno che intercede per gli uomini presso Dio. Più lo fa, più comprende anche le persone che gli sono affidate e può diventare per loro un angelo – un messaggero di Dio, che le aiuta a trovare la loro vera natura, se stesse, e a vivere l’idea che Dio ha di loro”.

 
(canto litanie)

 
I segni della consacrazione, che il Papa ha presieduto attorniato da cardinali e vescovi, hanno dato forma sacramentale alle parole di Benedetto XVI. L’imposizione delle mani, sue e degli altri presuli, ai candidati in ginocchio, il libro del Vangelo aperto sul loro capo, l’unzione con l’olio del crisma, la consegna dell’anello, della mitra e del pastorale hanno rappresentato le insegne di un’investitura spirituale, i cui fondamenti sono stati ravvisati dal Pontefice nella missione svolta dai tre Arcangeli. Michele, ha detto il Papa “difende la causa dell’unicità di Dio”, contro l’eterna “presunzione” di chi ritiene che Dio sia un “ostacolo” alla nostra libertà e del quale bisognerebbe sbarazzarsi. Al contrario, ha obiettato Benedetto XVI:

 
“Chi accantona Dio, non rende grande l’uomo, ma gli toglie la sua dignità. Allora l’uomo diventa un prodotto mal riuscito dell’evoluzione. Chi accusa Dio, accusa anche l’uomo. La fede in Dio difende l’uomo in tutte le sue debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio risplende su ogni singolo. È compito del Vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro le negazioni e di difendere così la grandezza dell’uomo”.

 
L’Arcangelo Gabriele, che annunciò la nascita di Gesù a sua Madre, è colui che manifesta il desiderio di Cristo di entrare nel cuore dell’uomo. “Il Signore - ha affermato il Papa - sta alla porta – alla porta del mondo e alla porta di ogni singolo cuore”. Un compito per il quale, in modo analogo, i vescovi per primi sono chiamati a prestare quotidianamente le loro forze e la loro intelligenza:

 
“Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete anche assumere la funzione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini”.

 
Infine, San Raffaele, il sanatore delle ferite dell’anima negli uomini che non conoscono o rifiutano la verità e la carità. La tradizione sacra, ha ricordato Benedetto XVI, attribuisce a Raffaele la guarigione dell’amore umano, perché “scaccia i demoni” che disturbano la comunione tra uomo e donna. E inoltre, porta la guarigione anche agli “occhi dei ciechi”:

 
“Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al vescovo”.

 
(canto)







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