"Credo si debba oggi ancora una volta rendere omaggio alle vittime del terremoto di
dieci anni fa e a tutti coloro che hanno sofferto”. Così a Colfiorito il presidente
della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, in occasione del decimo anniversario
del sisma che colpì Marche ed Umbria provocando 11 vittime, oltre 20 mila sfollati
ed ingenti danni strutturali. Napolitano ha poi sottolineato il forte lavoro sinergico,
tra le varie componenti della società, per la ripresa del tessuto sociale. I vescovi
delle diocesi coinvolte dal sisma, in un incontro organizzato nei giorni scorsi a
Nocera Umbra, hanno anche evidenziato la vicinanza spirituale e materiale, offerta
dalle tante parrocchie e volontari, negli anni difficili della ricostruzione e ribadito
la necessità di continuare in una decisa azione pastorale soprattutto nei confronti
delle giovani generazioni. Massimiliano Menichetti.
(campane)
Alle
11.42 di oggi le note delle campane della Basilica di San Francesco di Assisi si sono
propagate tra i tetti delle case, tra le folle di turisti, nei cuori di migliaia di
persone che ricordano il drammatico terremoto che 10 anni fa colpì Marche ed Umbria
seminando morte e distruzione. Il suono del campanile come “segno di speranza” - ha
detto padre Vincenzo Coli custode del sacro convento. Eco in tante altre chiese che
si sono unite all’iniziativa di Assisi in sintonia con il raccoglimento di Colfiorito,
sulla montagna folignate, luogo scelto oggi dalle istituzioni per ricordare quel tragico
giorno. Il presidente italiano Giorgio Napolitano, giunto nel piccolo paese umbro,
ha posto l’attenzione su quei valori di responsabilità e solidarietà che hanno consentito
la ricostruzione. In prima linea, in questi anni, tante parrocchie e organizzazioni
di volontariato insieme alla protezione civile, alle istituzioni. Mons.
Vittorio Nozza, Direttore di Caritas Italiana. “Hanno
costruito un cammino significativo di collaborazione, di comunione, un cammino di
carità molto intenso, al punto tale che si è andato installando, costituendo all’interno
dei territori dell’Umbria almeno quattro-cinque ‘case della carità’ che risultano
essere punto di riferimento per l’intera regione umbra”.
La
paura e la devastazione, dieci anni, fa iniziarono alle 2.33 del 26 settembre con
una scossa dell'VIII grado della Scala Mercalli, proprio a Colfiorito e Serravalle
di Chienti; poi, una sequenza interminabile, circa 11 mila movimenti tellurici fino
al giugno del 1998. La mattina del 26 settembre del 1997, alle 11.42, la scossa più
forte che provocò, fra l’altro, il crollo delle volte della Basilica Superiore di
Assisi dove morirono due tecnici e due frati. 11 in totale le vittime del terremoto,
circa 22 mila cittadini evacuati, danni per milioni di euro. Volontari arrivarono
da tutta Italia. Immediatamente si attivarono i soccorsi. Don Lucio
Gatti, che coordinò il Campo di volontariato e Centro operativo della Caritas
Umbria di Case Basse:
R. – Il primo ricordo arrivato
qui a Nocera fu l’incontro con le persone, soprattutto quando alcune persone mettevano
in discussione il discorso della fede: ‘Dio non c’è, Dio non è un Padre buono perché
se fosse stato un Padre buono non avrebbe permesso tutto questo’. E poi, l’arrivo
di ragazzi che da tutta Italia chiedevano di venire per rendersi in qualche modo disponibili.
Questa richiesta di tanti giovani ... li vedevo come, in fondo, li potrei solo definire
così: cercatori dell’amore, che lo trovano attraverso i portatori della sofferenza.
D.
– E’ riuscito a dare quella risposta che diverse persone le chiedevano quando le domandavano:
‘Ma Dio, dov’è? Dio non c’è!’ ...
R. – Sì, questa
risposta d’altronde metteva in dubbio anche me, perché non è una risposta teorica.
La risposta a ‘Dio dov’è?’, è una risposta che si cerca con la vita. E ricordo che
solo dopo due anni, una donna in un’intervista, proprio una di quelle che mi disse
così, nell’intervista alla televisione disse questa frase: ‘Grazie a tutti i ragazzi
abbiamo trovato la risurrezione!’.
Oltre 13 mila
i volontari provenienti da tutta Italia che lavorarono per tre anni nel Centro
operativo di Case Basse per sollevare, non solo materialmente ma anche spiritualmente,
la popolazione devastata dal sisma. Giovanni Paolo II, il 3 gennaio del 1998 visitò
alcuni paesi di Marche ed Umbria per portare la consolazione della Croce, per pregare
con i tanti fratelli nel dolore.
“Sono rimasto
colpito dallo scenario di distruzione che, guardando il territorio attorno all'Appennino
umbro-marchigiano, mi si è presentato sotto gli occhi. Da Cascia e Norcia a Spoleto,
da Fabriano e Macerata a Camerino, da Foligno ad Assisi, è impressionante e commovente
lo spettacolo di case, chiese, palazzi carichi di storia ridotti ad un cumulo di rovine
nel giro di pochi momenti”.
Quindi aggiunse:
“L'evento
sismico, che inizialmente vi ha fatto sentire deboli ed indifesi, non ha cancellato
dai vostri cuori il tesoro più grande: il patrimonio di valori cristiani ed umani,
che da secoli tengono unite le vostre comunità. Anzi, il terremoto ha messo in evidenza
in modo sorprendente le risorse umane e spirituali di cui disponete. Ammirevoli gesti
di bontà, di solidarietà e di condivisione fraterna, opera di piccoli e di adulti,
di persone investite di responsabilità e di semplici cittadini, hanno caratterizzato
e continuano a caratterizzare la vita quotidiana delle vostre contrade nel dopo-terremoto”. Oggi,
secondo i dati delle istituzioni la ricostruzione strutturale è arrivata al 90%
ma molto rimane da fare. Ancora mons. Nozza che,
nel convegno organizzato nei giorni scorsi a Nocera Umbra, dal titolo “Accanto alla
Gente... dieci hanno dopo”, ha raccolto la sfida che i vescovi delle diocesi più colpite
dal sisma oggi si trovano ad affrontare:
“Un vissuto
sociale ed ecclesiale recuperati in maniera intensa, bella, forte e, nello stesso
tempo, il bisogno di completare questa opera sia nell’insieme delle strutture dei
vari Paesi, anche i più piccoli"; dall’altra di continuare in questa azione costante
del recupero del tessuto e del vissuto della gente, perché sempre più – pur segnata
da questa triste situazione, da questa triste emergenza – possa rivivere con speranza
all’interno del proprio contesto di vita.