Concluso a Budapest il Congresso internazionale sulla Nuova evangelizzazione. Il bilancio
dell'inviato del Papa, il cardinale vicario Camillo Ruini
Budapest, capitale della Nuova evangelizzazione: lo è stata dal 16 al 22 settembre
scorsi, per aver ospitato il Congresso internazionale sul tema “Vi darò un futuro
e una speranza”. Il convegno è stato promosso dalle diocesi di cinque capitali europee,
tra il 2003 e il 2007. La prima missione si è svolta a Vienna nel 2003, la seconda
a Parigi nel 2004, successivamente a Lisbona nel 2005 e poi a Bruxelles nel 2006.
Quest’anno, l’incontro ungherese ha concluso il progetto di evangelizzazione cittadina.
Per questa occasione, Benedetto XVI ha nominato come suo inviato speciale il cardinale
vicario,Camillo Ruini, che ha presenziato allachiusura delle “Missioni
Cittadine Europee”. Giovanni Peduto ha intervistato il porporato, appena rientrato
dall’Ungheria, chiedendogli un bilancio dell'esperienza vissuta:
R. -
Un bilancio molto positivo e direi incoraggiante: ha mostrato che la Chiesa di Budapest
è una Chiesa viva e che l’istanza missionaria è penetrata profondamente nel clero
e anche nel popolo di Dio.
D. - Cosa l’ha colpita
di più?
R. - Il fatto di svolgere questa missione
nella capitale di uno Stato appartenente all’Europa ex comunista, area nella quale
la Chiesa per tanto tempo è stata in condizioni di forte sofferenza. Questo atto pubblico
- incoronato dalla presenza di 15 mila persone, la notte di giovedì, alla Messa all’aperto
- certamente è un segno di grande speranza.
D. -
Qual è stato il messaggio che ha lasciato agli ungheresi come inviato speciale del
Papa?
R. - Ho soprattutto lasciato il messaggio della
continuità. Questo evento si è svolto molto bene, ma adesso occorre che lo slancio
missionario sia sempre più una dimensione permanente della pastorale della diocesi
di Budapest, come delle altre città.
D. - Come rilanciare
l’evangelizzazione dell’Europa?
R. - Occorre lavorare,
anzitutto, a livello della preghiera, della testimonianza personale, ma anche a livello
della cultura, affinché la cultura europea riscopra le proprie radici cristiane.
D. - I cristiani rischiano di essere sempre più
emarginati nel Vecchio continente?
R. - Ci sono senza
dubbio delle forze che tendono ad emarginarli, delle spinte che vanno in questo senso.
Ma, per grazia del Signore, ci sono anche spinte contrastanti, che invece riaffermano
l’importanza della presenza cristiana. Credo che i popoli d’Europa si rendano sempre
più conto di come il cristianesimo sia importante, non solo per il passato, ma per
il presente e per il futuro.
D. - L’Europa forse
non ama più se stessa: come riallacciare un dialogo fecondo tra le nuove correnti
di pensiero e la fede cristiana?
R. - Questo dialogo
si può rilanciare - e di fatto si sta rilanciando - proprio attorno ai problemi fondamentali
che l’Europa ha davanti a sé: i problemi della sua identità, ma anche il problema
dell’uomo: di cosa è l’uomo, di chi è l’uomo, se l’uomo è soltanto un pezzetto della
natura o invece è creato ad immagine di Dio, se ha o non ha una dignità inviolabile.
Su questi grandi temi, credo che il dialogo sia già in corso.
D.
- Quali sono le sue speranze?
R. - Le mie speranze
sono che questo slancio missionario, che è partito da Roma - ricordiamo la missione
cittadina di Roma degli anni ’96 e ’99, in preparazione del grande Giubileo - e poi
si è esteso a tante altre diocesi italiane e adesso alle cinque capitali europee,
sia uno slancio che attraversi tutta la Chiesa d’Europa, in modo che la Nuova evangelizzazione
non sia soltanto un principio che affermiamo, ma una realtà che viviamo.