Rafforzate le misure di sicurezza in Libano in vista delle elezioni presidenziali
A partire da domani Saranno rafforzate le misure di sicurezza attorno al Parlamento
libanese che martedì si riunirà per l’elezione del nuovo presidente. Un appuntamento
delicato per il mondo politico del Libano, che, a pochi giorni dall’assassinio del
deputato del fronte antisiriano Ghanem, dovrà scegliere il successore dell’attuale
capo dello Stato, Emile Lahoud, considerato uno stretto alleato della Siria. Ma qual
è la situazione del Paese in questo cruciale frangente politico? Stefano Leszczynski
lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato del Corriere della Sera:
R.
– Una situazione politica molto ma molto tesa anche perché le elezioni presidenziali
in Libano non è che si svolgono in due, tre o cinque giorni a seconda del quorum,
ma c’è tempo due mesi per completare le procedure per l’elezione del nuovo presidente
della Repubblica. In due mesi purtroppo, come l’esperienza ci ha insegnato, in Libano
può accadere di tutto e si temono davvero altri attentati.
D.
– Sembra proprio che questi attentati siano mirati a colpire i rappresentanti politici
istituzionali proprio per assottigliare i margini per l’elezione del presidente. E’
così?
R. – Il sospetto, e anzi, più di un sospetto,
è questo. Certo, è curioso che sulle quattro figure politiche ammazzate dopo la frase
che portò all’eliminazione dell’ex primo ministro Hariri, erano tutte appartenenti
al fronte della maggioranza, una maggioranza che adesso è diventata risicatissima.
Lì abbiamo una situazione molto particolare perché la maggioranza è composta da cristiano-maroniti,
da sunniti e da drusi e dall’altra parte invece abbiamo sciiti, alleati però con altri
cristiani e la situazione è molto paradossale perché il leader dei cristiani filo-maggioranza,
cioè anti-siriani di oggi, Samir Geagea, alla fine della guerra civile era alleato
con la Siria contro il generale Aoun, che allora aveva dichiarato guerra alla Siria
e che oggi invece è il leader dei cristiani filo-siriani.
D.
– Quello che lascia sorpresi è il fatto che ci sia un clima quasi di rassegnazione
di fronte a questi attentati, a queste morti..
R.
– E’ vero. Oggi per esempio i deputati della maggioranza vivono come se fosse l’ultimo
giorno perché il rischio che ne possa essere ammazzato un altro purtroppo è altissimo.
La società è una società che è riuscita a sopravvivere in 16 anni di guerra civile
che è costata 140 mila morti e che le sere, dopo i bombardamenti, riusciva ancora
a trovare il tempo per uscire di casa per riparare i danni ed anche, magari, per andare
a cena fuori; è una società molto particolare dove la voglia di vita, dove l’amore
per la vita, è più forte di tutto. Quindi, dal punto di vista di volontà, il desiderio
di reagire c’è e c’è sempre stato. Oggi però la situazione viene vissuta come se la
sovranità del Libano fosse una questione in vendita e magari da sacrificare sull’altare
degli equilibri o dei futuri squilibri a seconda delle convenienze del momento.