I vescovi del Benin hanno concluso la visita ad Limina. Intervista con mons. N’Koué
I vescovi del Benin hanno concluso la loro visita “ad Limina”: giovedì scorso sono
stati ricevuti in udienza da Benedetto XVI, che ha rivolto loro parole di apprezzamento
per l’opera di evangelizzazione svolta nel Paese africano, in cui cristiani e musulmani
sono minoranza di fronte al 64% di quanti seguono ancora le religioni tradizionali.
Sulla situazione dei cattolici in Benin, Stefano Leszczynski ha intervistato
mons. Pascal N’Koué, vescovo della diocesi di Natitingou:
R. –
Siamo ottimisti! In questo momento posso dire che in Benin è proprio l’età d’oro dell’evangelizzazione.
Significa che molti bussano alla porta della Chiesa cattolica e vogliono entrare:
siamo noi che non siamo sufficientemente preparati per avere tutto il personale che
ci vuole per accompagnare tutti quanti!
D. – Quali
sono i principali ostacoli all’opera di evangelizzazione della Chiesa in Benin?
R.
– Le nostre difficoltà sono: avere persone ben formate per formare a loro volta altre
persone; e poi, c’è bisogno di avere i locali per tutti i nostri progetti. Abbiamo
bisogno di aiutare i bambini a crescere nella fede cattolica, le coppie a crescere
e vivere la fede cattolica. I seminari sono pieni, pienissimi e dunque questa è una
difficoltà per noi: difficoltà nel senso che non ci sono più posti in seminario, laddove
c’è spazio per una persona a volte ne mettiamo due, tre, a volte quattro ...
D.
– Come sono i rapporti tra la comunità cattolica e la comunità musulmana, nel Paese?
R.
– Nella mia diocesi, per esempio, abbiamo buoni rapporti, anzi, ottimi rapporti con
i musulmani. Il capo musulmano prega per il vescovo nella moschea: e non dico che
ha pregato una volta, no! Prega, chiede ai musulmani di pregare per il vescovo. E
la gente vede che quando ci incontriamo, nei momenti ufficiali, ci abbracciamo, ci
salutiamo! La gente lo vede e dunque vede che ci sono buoni rapporti tra di noi.
D.
– Quali sono dunque gli impegni pastorali per aiutare i giovani di questo Paese africano?
R.
– Uno dei problemi dei giovani è che molti hanno difficoltà a studiare e dunque molti
non vanno a scuola. Per quelli che studiano, la qualità dell’insegnamento lascia a
desiderare: per questo la Chiesa si impegna ad aprire scuole – scuole cattoliche –,
però il problema è che siccome non abbiamo sovvenzioni dallo Stato, sono i genitori
che devono pagare e le nostre scuole diventano scuole per le persone che possono pagare
e dunque persone ricche.
D. – Il processo democratico
in corso nel Paese richiede ancora un grande sforzo comune. Cosa fa la Chiesa in questo
campo?
R. – Noi, i vescovi del Benin, abbiamo nominato
un cappellano per i politici cristiani, perché abbiamo visto che loro hanno bisogno
di un sostegno spirituale, e stiamo insegnando loro la dottrina sociale della Chiesa
affinché loro possano influire sulla politica ... E se nelle varie elezioni che abbiamo
avuto, non abbiamo sentito parlare di spargimento di sangue è grazie anche a quei
politici cristiani. Loro si radunano, pregano insieme... c’è una certa unità!
D.
– Il Benin è dunque un Paese che guarda al futuro. Quali, quindi gli auspici da parte
di voi vescovi?
R. – Per il Benin, sì, c’è molta
speranza anche perché in questo momento è una popolazione molto giovane: ci sono molti
bambini, molti giovani che vogliono andare avanti e speriamo che la Divina Provvidenza
ci aiuti a poter lasciare orme solide nei cuori di ciascuno.