Aperto a Roma il primo incontro mondiale dei religiosi zingari. Mons. Marchetto: superare
ogni forma di discriminazione nei confronti dei gitani
Si è aperto stamani a Roma, nella Casa delle Figlie della Carità di San Vincenzo de'
Paoli, il primo incontro, a livello mondiale, di sacerdoti, diaconi e persone religiose
consacrate di origine zingara. Il Papa all'Angelus ha salutato quanti partecipano
al convegno, che è incentrato sul tema “Con Cristo al servizio del popolo zingaro”.
L'incontro è stato promosso dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti
e gli itineranti. Nel mondo ci sono circa 36 milioni di zingari: un centinaio di loro
sono consacrati. L'India, con 20 presbiteri, ha il più alto numero di sacerdoti zingari.
Nella prima giornata è giunto l'appello a evitare ogni forma di discriminazione contro
il popolo gitano ma anche il forte invito agli zingari a riconciliarsi con la società
circostante rispettando tutti i doveri del vivere comune. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
Aprendo
l’incontro, il segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti
e gli itineranti, mons. Agostino Marchetto, ha ricordato il beato Ceferino Giménez
Malla, il primo gitano elevato agli onori degli altari, che la Chiesa propone come
modello da seguire. “La sua vita – ha detto il presule – dimostra che Cristo è presente
nei diversi popoli e razze e tutti sono chiamati alla santità”. Rivolgendosi ai sacerdoti,
diaconi e religiosi di origine zingara, l’arcivescovo ha poi sottolineato come si
manifesti lo straordinario amore di Dio per il popolo zingaro. Nella Chiesa – ha affermato
quindi mons. Marchetto – potete essere i “portavoce del loro desiderio di vivere insieme
e far giungere ad essa le loro richieste di giustizia e solidarietà, di rispetto reciproco
ed eliminazione di ogni forma di discriminazione”.
Il
sottosegretario del Pontificio Consiglio, mons. Novatus Rugambwa, ha sottolineato
poi come l’incontro, nato sotto l’impulso del documento “Orientamenti per una pastorale
degli zingari”, abbia proposto “un percorso dinamico con cui ci si rapporta a Gesù
e al prossimo”. Certamente – ha osservato il sottosegretario – non possiamo tacere
il fatto che la maggioranza degli zingari “vive ancora in condizioni non all’altezza
delle esigenze fondamentali della persona umana e si trova in situazioni di conflitto
con i principi umanitari e cristiani”. “È, infatti, una vergogna per la società –
ha aggiunto - che i campi sosta degli Zingari siano privi del necessario – del resto
previsto -, con precarietà di abitazioni (e qui pensiamo a recenti incendi che hanno
causato vittime, spesso tra i più piccoli e indifesi) e mancanza di strutture di assistenza
medica”. Mons. Rugambwa ha poi sottolineato che “provoca sgomento la noncuranza, l’indifferenza
per la scolarizzazione dei bambini rom (si pensa che solo in Europa essi sono quattro
milioni in età scolastica)”. E si dice stupito per “il fatto che la società di oggi
sia mossa ancora da pregiudizi che emarginano tanti giovani e adulti, pur con una
formazione professionale, che non trovano lavoro perché … zingari”. Nè “si possono
passare sotto silenzio – ha detto - gli atti di vero e proprio razzismo, di cui essi
sono vittime tuttora. Dicendo tutto questo – ha spiegato mons. Rugambwa - non dimentichiamo
certo i loro doveri e responsabilità verso la società che li circonda”. Quindi il
sottosegretario del dicastero vaticano ha affermato che la riconciliazione tra popolo
zingaro e società deve avvenire anche per iniziativa degli zingari: e in questo compito
un grande ruolo – ha affermato - spetta ai sacerdoti, ai diaconi e ai religiosi zingari,
anche per quanto riguarda la crescita delle vocazioni in mezzo al popolo gitano. Si
rende dunque necessaria – ha concluso – “una vera trasparenza evangelica e una vera
convergenza di iniziative che permetteranno la crescita di nuovi operai del Vangelo”
tra questo popolo, oltre all'auspicata "promozione umana e cristiana degli zingari,
anche se la strada sembra lunga e tortuosa".