Al via a Roma il primo incontro mondiale di sacerdoti, diaconi e religiosi zingari
“Con Cristo al servizio del popolo zingaro”. E’ il tema del primo incontro mondiale
di sacerdoti, diaconi e religiosi zingari, che si terrà domani e lunedì a Roma nella
Casa delle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, promosso dal Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. L’incontro costituisce
un’importante occasione per prendere in esame iniziative capaci di preparare gli stessi
zingari in vista di compiti pastorali. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Al centro
di questa iniziativa ci sono le esigenze di una realtà pastorale particolare inserita
nel suo slancio missionario e di promozione umana. L’idea di organizzare un incontro
per zingari consacrati è nata su impulso del documento pubblicato nel 2005 dal Pontificio
Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ed intitolato “Orientamenti
per una pastorale degli zingari”. Il testo propone una visione d’insieme dell’azione
della Chiesa per l’evangelizzazione delle popolazioni nomadi. Una visione, questa,
illustrata anche durante l’incontro dei direttori nazionali della pastorale degli
zingari, tenutosi a Roma l’11 ed il 12 dicembre del 2006. In quell’occasione, si è
sottolineato come gli zingari siano sopravvissuti ad una realtà secolare di rifiuto,
alla quale è seguita una reazione diventata parte integrante della loro cultura. “Tale
elemento culturale – si legge nel documento finale seguito a quell’incontro – li fa
partecipi della preoccupazione di Cristo di infrangere i tabù e del Suo amore privilegiato
per i più deboli”. Gli zingari sono dunque un popolo in viaggio spesso colpito da
persecuzioni, discriminazioni e pregiudizi, figli in parte di una incomprensione culturale.
Si stima che siano circa 36 milioni sparsi in Europa, in America e in diversi Paesi
dell’Asia. I consacrati zingari sono un centinaio: almeno 20 sacerdoti provengono
dall’India, una decina dall’Ungheria. La Francia è, finora, l’unico Paese dove il
direttore nazionale della pastorale per gli zingari è un loro presbitero, coadiuvato
da 3 diaconi permanenti, 2 suore e una laica consacrata, tutti zingari.
Negli
ultimi anni è stata dunque posta in evidenza la necessità di una particolare sollecitudine
della Chiesa per le vocazioni di persone appartenenti al popolo degli zingari al fine
di promuovere più adeguate attività pastorali. Ma come nascono queste vocazioni? Giovanni
Peduto lo ha chiesto all’arcivescovoAgostino Marchetto, segretario
del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti:
R. -
Esse nascono come quelle che sbocciano in altri ambienti, grazie alla testimonianza
e alla misericordia di Dio, e a tutte le iniziative offerte agli Zingari, soprattutto
ai giovani, con l’opportunità di un continuato incontro personale con sacerdoti e
religiosi/e, i quali li coinvolgono attivamente nella vita della Chiesa. Ne sono esempio
le missioni dei Salesiani in Slovacchia, le Scuole di fede in Francia, gli
incontri di preghiera e i pellegrinaggi, che interessano intere famiglie.Ovviamente,
la famiglia rimane il primo e il più importante luogo dove nascono le
vocazioni, dove si ode la voce di Dio che chiama, specialmente se è ambiente di devozione,
aperto agli Operatori pastorali. Per restare in Italia, c’è qui un gruppo
di persone che da più di 30 anni, ogni giovedì si incontra per la preghiera implorante
il dono di nuove vocazioni tra gli Zingari. Considerando che il nomadismo è una delle
caratteristiche fondamentali della loro identità culturale, può sorprendere che esistono
anche vocazioni alla vita contemplativa, di clausura, in tale ambiente. Abbiamo, infatti,
una carmelitana in Spagna e una benedettina in Italia.
D.
- Quali specifici problemi affrontano i consacrati zingari nella pastorale dei loro
fratelli? R. - Li riassumerei così: emarginazione e condizioni
di povertà; precarietà delle aree di sosta, i cosiddetti “campi nomadi”; difficoltà
di scolarizzare i bambini, con conseguente elevato tasso di analfabetismo (a seconda
della regione esso varia dal 50 al 100%); pregiudizi e stereotipi negativi
che giungono a forme razziste; difficoltà per gli Zingari di accesso al lavoro, alla
formazione professionale e all’assistenza sanitaria. A questi problemi vanno aggiunti
un senso di inferiorità, l’auto-emarginazione, la diffidenza, il distacco
dalla società circostante. Tutto ciò ovviamente si ripercuote anche sulle vocazioni
degli Zingari. Così alcuni sacerdoti e religiosi, per esempio, possono non voler apparire
per quello che sono, cioè Zingari, per paura di essere a loro volta discriminati.
Non poche loro famiglie considerano comunque la vocazione un dono e un vero bene per
i propri figli, ma il timore che essi potrebbero perdere la loro identità
etnica, le possono mettere contro tale scelta di vita.
D.
- Cosa vi proponete con questo Incontro?
R. - La
Chiesa ormai da anni sprona gli Zingari cattolici ad essere apostoli, protagonisti
nella propria pastorale. Seguendo questa linea, desideriamo sostenerli nella loro
vocazione e incoraggiarli a prendere il posto che spetta loro “di diritto” nell’evangelizzazione
e nella promozione umana dei loro fratelli di etnia. Inoltre, presteremo orecchio
alle loro osservazioni e ai loro suggerimenti su come creare o dilatare nella Chiesa
e nella società spazi di autentica comunione e di solidarietà con gli Zingari, su
come favorire concretamente la giustizia, il rispetto reciproco e l’eliminazione di
ogni forma di discriminazione e di razzismo.