Libano. Oggi i funerali di Antoine Ghanem. Appello di mons. Räi ai politici: cessate
di distruggere il Paese
Il Libano ancora sotto choc per la nuova ondata di terrore che ha ucciso due giorni
fa il deputato anti-siriano Antoine Ghanem e almeno altre 4 persone. Immediata la
formale condanna dell’attentato da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite. Oggi i funerali delle vittime dell’attentato in un clima di grande tensione.
Da Beirut, Barbara Schiavulli: Per un commento
sulla situazione in Libano, dopo il sanguinoso attentato di ieri a Beirut, ascoltiamo
il vescovo di Byblos dei Maroniti, mons. Béchara Räi, intervistato da Giada Aquilino:
R.
– Ogni volta che ci sembra di andare un po’ avanti, con la speranza di uscire da questo
inferno del terrorismo, si ricomincia di nuovo tutto da capo. La gente, quindi, è
sempre più depressa e non vede via d’uscita.
D.
– Le indagini verso quale direzione vanno?
R.
– E’ ancora prematuro, anche perché il governo ha chiesto al segretario generale dell’ONU
di far indagare il Tribunale Internazionale anche sull’assassinio di ieri. Sappiamo,
purtroppo, che dietro ci sono tutti coloro che non vogliono la stabilità del Libano.
Nel nostro Paese, paghiamo un conflitto regionale che è, però, da inquadrare in una
strategia internazionale. Noi non facciamo che pagare per gli altri. Oggi si sa che
le conseguenze della guerra in Iraq, che è caratterizzata anche da una guerra confessionale
tra sunniti e sciiti, si ripercuote in Libano. Quando si parla di soluzioni, quindi,
è necessario parlare - per quanto riguarda la parte sunnita - con l’Arabia Saudita,
l’Egitto, gli Stati Uniti e i loro alleati e - per la parte sciita - con l’Iran e
la Siria.
D. – L’attentato
è avvenuto pochi giorni prima delle elezioni del presidente della Repubblica. Che
significato assume?
R. – Stanno
cercando di eliminare, quanto più possibile, coloro che formano la maggioranza, che
si oppone agli Hezbollah. Gli assassinii in due anni sono stati 14-15 e hanno interessato
tutti membri della maggioranza. Stanno quindi cercando di eliminare voti e suffragi
in vista del giorno delle elezioni.
D.
– Il fronte antisiriano - formato da cristiani maroniti, musulmani sunniti e drusi
- a questo punto si sente indebolito?
R.
– Tutti quanti sono sostenuti dall’esterno. Purtroppo devo accusarli tutti quanti,
cristiani e musulmani. Sia quelli che cercano sostegno e supporto da parte sunnita
o sciita, sia quelli che puntano all’aiuto da parte occidentale ed orientale: per
me sono tutti ugualmente responsabili dei crimini che vengono commessi in Libano.
E questo perché ciascuno cerca i propri interessi: il popolo e il Paese intero stanno
pagando il prezzo maggiore. Perché queste persone non stanno certo facendo il bene
del Libano: né del popolo né dello Stato.
D.
– Di fronte a questo nuovo attentato, come ha reagito la comunità cristiana libanese?
R.
– Come tutti i libanesi, siano essi cristiani o musulmani. I libanesi non vogliono
più questo sistema di vita, questo modo di condurre la politica. C’è una disgregazione
sociale, una disgregazione economica, una disgregazione politica. E c’è un’emorragia.
Il popolo è ormai a terra a tutti i livelli e l’emigrazione continua.
D.
– Qual è l’appello della Chiesa libanese al Paese?
R.
– Di pacificare i cuori, di rimanere sempre saldi nella fede, di rinsaldare l’unità.
Ma l’appello più grande non è rivolto al popolo: l’appello più importante lo abbiamo
lanciato ieri, attraverso il comunicato dei vescovi ai responsabili, ai governanti,
ai politici. Ed è quello di smetterla con la distruzione del Paese, solo per la realizzazione
degli interessi personali, siano essi regionali o internazionali.