2007-09-21 15:23:40

La comunità internazionale celebra la Giornata della pace


Ogni Paese del mondo è invitato oggi ad osservare un assoluto cessate il fuoco e a rinunciare ad ogni forma di violenza, in occasione della Giornata internazionale della Pace, indetta dalle Nazioni Unite. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha auspicato nel suo messaggio che la pace diventi “una passione e non una mera priorità”. Ma cosa significa celebrare questa Giornata, in un mondo dove si moltiplicano le minacce legate al terrorismo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Staffan De Mistura, recentemente nominato inviato speciale delle Nazioni Unite in Iraq: RealAudioMP3

R. - La Giornata della Pace va celebrata, perché la pace è una formula di vita alla quale tutti noi dovremmo ambire. Questo non vuol dire che la pace sia semplicemente la mancanza della guerra o del conflitto, ma vuol dire anche sperare di mantenere quello che si è ottenuto finora e cioè che la pace possa prevalere.
 
D. - La pace, scrive il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, è uno dei bisogni principali dell’umanità. La pace può favorire lo sviluppo, può favorire la prosperità. L’obiettivo dell’ONU di istituire un cessate-il-fuoco globale dovrebbe, quindi, essere auspicabile da tutti. Invece, nel mondo, continuano purtroppo a soffiare venti di guerra. Perché?
 
R. - Perché la natura umana è quella che è. E’ anche vero che se paragoniamo quello che avveniva anni fa, quando c’erano molto più guerre - abbiamo le statistiche davanti ai nostri occhi - c'è qualcosa in cui sperare. E questo grazie al lavoro della comunità internazionale, grazie all’ONU, ma anche grazie al fatto che, prima o poi, potrà prevalere la pace, se ci crediamo.

 
D. - Durante la Guerra Fredda, la corsa al riarmo di Stati Uniti e Russia si è in realtà rilevato un baluardo contro l’ipotesi di un conflitto. Una eventuale guerra mondiale oggi, con arsenali sempre più avanzati, sarebbe una catastrofe per l’umanità. Questa consapevolezza può bastare da sola a scongiurare timore di una nuova guerra mondiale?

 
R. - Finora è stata più che sufficiente. Io stesso, così come molti dei nostri ascoltatori, appartengo a quella generazione che ha vissuto per molti anni della propria vita con questa spada di Damocle dell’Est e dell’Ovest, capaci di autodistruggersi non una volta, ma svariate volte. Questo scenario appare ora cambiato, ma non vuol dire che, nel frattempo, la paura del terrorismo non sia diventata una nuova minaccia. Tra questo ed una guerra mondiale c’è, però, una enorme differenza.

 
D. - Alla Giornata aderisce anche il Consiglio ecumenico delle Chiese, che invita i cristiani ad unirsi all’iniziativa dell’ONU con una Giornata internazionale della preghiera. Del resto, pregare per la pace nel mondo è probabilmente una delle prime intenzioni che ogni uomo, di qualsiasi religione, rivolge a Dio. La pace è, quindi, oltre ad una esigenza universale anche un bisogno spirituale?

 
R. - Lo è e come. La pace è qualcosa che dobbiamo sentire dentro di noi, ogni giorno. La pace non è una parola vuota, se viene praticata soprattutto nel dialogo. In questo senso, pregare e praticare la pace è la stessa cosa. La violenza si può di nuovo evitare se si parla e si dialoga.

 
D. - Qual è la salute di questo dialogo oggi nel mondo e cosa sta facendo l’ONU?

 
R. - La salute di questo dialogo è come la salute di un paziente per il quale si sta cercando da secoli e da millenni la cura magica, la cura finale per guarire da questa malattia. Una malattia che si chiama incapacità di risolvere, da parte della natura umana, un conflitto in maniera non violenta. E per questo si ha bisogno di combinare varie medicine: una di queste medicine è rappresentata dai diritti umani. Un’altra è stata la creazione, anni fa, delle Nazioni Unite, diventate cassa di risonanza nella quale i piccoli e i grandi della terra possono confrontarsi e discutere: possono confrontarsi invece di arrivare sempre alla legge del più forte, la legge della jungla. In questo senso, l’ONU ha una funzione che, come spesso viene ricordato e sin dal passato, “se non ci fosse, andrebbe creata”.







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