Cresce in Italia l'instabilità familiare: i figli, le principali vittime
Prosegue senza interruzione, in Italia, la crescita delle rotture coniugali: le separazioni
legali sono passate dalle 51mila del 1994 alle 83mila del 2004. Anche per i divorzi
il trend è in ascesa: dai 27mila del 1994 ai 45mila del 2004. Ha ancora senso allora
mettere su famiglia? La famiglia può essere considerato ancora un valore? Sono questi
gli interrogativi ai quali hanno cercato di dare risposte esperti del settore e docenti
universitari intervenuti al convegno conclusosi oggi a Roma su "Instabilità familiare:
aspetti causali e conseguenze demografiche, economiche e sociali". Nel corso dell’iniziativa,
promossa dall’Accademia Nazionale dei Lincei, sono stati presentati i risultati di
ricerche sull’instabilità familiare svolte dai gruppi di studio degli atenei di Firenze,
Messina, Milano (Bocconi e Cattolica) Padova, Udine, Urbino e Verona. Quali dunque
le cause principali dei fallimenti coniugali? Davide Dionisi lo ha chiesto
al prof. Antonio Golini, docente di Demografia presso l’Università degli Studi
di Roma “La Sapienza” e accademico dei Lincei:
R.
– Direi che uno degli elementi fondamentali è una disuguaglianza all’interno della
coppia. La disuguaglianza all’interno della coppia significa una non parità nei diritti
e nei doveri della cura familiare, per esempio, e quindi in particolare la donna tende
ad accettare sempre di meno questa disuguaglianza. Anche perché c’è un fatto molto
interessante, cioè che quando per esempio il titolo di studio non è uguale tra marito
e moglie – nella maggior parte dei casi è uguale – ma quando non è uguale, è maggiore
il titolo di studio della donna, che quindi è più istruita e quindi ha delle aspettative
dalla vita e dal rapporto di coppia diverse da quelle del marito.
D.
– Avete parlato anche, durante questa due-giorni, degli effetti ...
R.
– Certamente, gli effetti sono rilevanti, sia sui singoli componenti la coppia, sia
gli effetti economici relativi per esempio da un lato alla proprietà della casa, sia
al fatto che frequentemente – purtroppo – una separazione o un divorzio comporta anche
una maggiore povertà dei figli che quindi patiscono – oltre alla separazione – anche
una maggiore povertà. E quindi, il sistema credo che debba tener conto di questo fenomeno
e cercare quelle provvidenze di tipo sociale ma anche di sostegno psicologico che
possano ridurre il fenomeno stesso, e partire da una ri-educazione di molti maschi.
D.
– Un’ultima domanda: la famiglia è ancora un valore per gli italiani?
R.
– Io penso di sì. Quando facciamo delle indagini di opinione tra i giovani e tutti
ci dicono che il matrimonio, in particolare, è il mezzo più desiderato per mettere
su famiglia. Solo che la famiglia non è più accettata in ogni caso come vincolo permanente
ma, se ci sono delle cose che non funzionano, il matrimonio si può rompere.