Commozione e folla, a Beirut, ai funerali di Antoine Ghanem. Tensione nel Paese
Una folla immensa ha partecipato stamani a Beirut ai funerali del deputato cristiano
del fronte antisiriano, Antoine Ghanem, e di due sue guardie del corpo, uccisi mercoledì
in un attentato nel quale hanno perso la vita anche altre sei persone. In tutto il
Paese è stato decretato il lutto nazionale. Ha seguito la cerimonia a Beirut, Barbara
Schiavulli:
Una musica
solenne, gli applausi, le lacrime hanno riempito questa giornata di dolore che ha
unito in un lungo corteo il Paese dei Cedri che ha detto ‘addio’ ad Antoine Ghanem.
“Sapevamo che sarebbe successo. La strada verso la libertà è disseminata di morti”,
ha detto il Patriarca Boutros Sfeir nella chiesa del Sacro Cuore dove si sono celebrati
i funerali. Migliaia le persone all'esterno, piene di rabbia e delusione. “Sapeva
che era pericoloso, ma è voluto tornare perché voleva votare”, ricorda Amin Gemayel,
ex presidente del Libano e padre di Pierre, ministro dell’Industria ucciso l’anno
scorso. Tra quattro giorni, il Parlamento dovrebbe votare il nuovo presidente. Servono
i due terzi del consenso di un’amministrazione spaccata tra filosiriani e antisiriani.
I deputati sono ora super-protetti: ogni morte cambia le regole del gioco. Ma la gente
chiede serietà, chiede rispetto verso un Paese martoriato chiede che si trovi un accordo
in nome del Libano. “Ho perso il mio migliore amico”, mi racconta Marja, la cugina
di una delle guardie del corpo uccise, e chiede giustizia, chiede che si smetta di
accusare la Siria ma si trovino le prove. Il Libano di oggi, con i negozi chiusi,
gli uffici, le strade vuote, chiede ai politici di preoccuparsi meno dei seggi e più
del Paese. (Barbara Schiavulli da Beirut per la Radio Vaticana)
L’assassinio
del deputato cristiano, Antoine Ghanem, è avvenuto in un momento delicato della vita
politica libanese, a pochi giorni dall’inizio delle elezioni presidenziali. Proprio
nei giorni scorsi, il presidente del parlamento, Nabih Berry, aveva avviato contatti
per favorire un accordo tra l’opposizione filosiriana e la maggioranza. In tal senso,
il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, ha ammonito che l'emergere di due governi
rivali sarebbe la peggiore ipotesi per il Libano e ha auspicato l'elezione del nuovo
capo dello Stato nei tempi previsti. Fabio Colagrande ne ha parlato con il
giornalista libanese, Camille Eid, editorialista di Avvenire:
R. -
Berry intendeva recarsi dal Patriarca maronita per favorire questo dialogo e riunire,
quindi, il parlamento il 25 settembre. Ora, questo nuovo assassinio complica ulteriormente
le cose, ma Berry ha comunque contattato alcune forze della maggioranza e sembra intenzionato
a portare avanti la sua mediazione. Gli ostacoli c’erano e ci sono ancora, ovviamente,
in tutto il Paese.
D. - C’è chi parla di un interesse
che viene dall’esterno per disgregare il Libano?
R.
- Sì, si intende sicuramente la Siria perché le forze della maggioranza accusano Damasco
di aver ordito tutta questa serie di attentati. L’opposizione chiede di avere pazienza
e di aspettare l’esito delle indagini sull’assassini di Hariri e su tutti gli altri
assassinii che si sono susseguiti. Quindi, secondo l’opposizione, affrettarsi nel
lanciare le accuse nei confronti delle ha avvelenato il clima libanese da due anni
a questa parte e sembra, purtroppo, destinato anche a prolungarsi.
D.
- Come libanese, quali sono le tue speranze per una possibile soluzione per uscire
da questa escalation di violenza?
R. - Sono fiducioso
sul senso nazionale di alcuni deputati, se non di tutti. Ma se effettivamente arriveremo
alla data del 24 novembre senza un presidente già eletto, allora lì entreremo in un
circolo vizioso e visto che tutti i libanesi sono sulla stessa barca, affonderemo
tutti. Mi affido, quindi, al buon senso dei deputati affinché garantiscano - almeno
nella prima seduta - la maggioranza o il quorum dei due terzi del numero richiesto.
In caso di mancata elezione, il governo attuale ovviamente ritirerà le cariche e le
prerogative presidenziale e sarà formato un altro governo parallelo per contendere
l’autorità all’attuale governo. La cosa sarà veramente dura perché opposizione e maggioranza
si contendono più o meno gli stessi territori, perché sono soprattutto in campo cristiano.
L’opinione pubblica cristiana è divisa quasi equamente fra questi due schieramenti.
Questo, forse, rappresenta attualmente il rischio maggiore che corre il Libano.