2007-09-20 14:59:35

Libano. Appello di mons. Räi ai leader politici: cessate di distruggere il Paese


Ferma condanna in tutto il mondo per il grave attentato avvenuto ieri alla periferia est di Beirut, in cui ha perso la vita il deputato libanese cristiano della maggioranza parlamentare antisiriana, Antoine Ghanem, ucciso insieme con altre otto persone. L’episodio getta il Libano in un clima di grave tensione a pochi giorni dalle elezioni presidenziali della prossima settimana. Il servizio di Giancarlo La Vella:RealAudioMP3


Il Libano è in lutto, sino a domani, giorno in cui verranno celebrati a Beirut i funerali di Antoine Ghanem, 64 enne deputato cristiano dell’opposizione antisiriana, e delle altre otto vittime dell’esplosione avvenuta ieri nel quartiere cristiano di Sin el Fil. Ghanem è l’ottavo esponente antisiriano assassinato in Libano in meno di tre anni dall'attentato di cui rimase vittima l’ex premier Rafiq Hariri. Della lunga scia di sangue fanno parte anche nomi eccellenti, come il ministro dell’Industria Pierre Gemayel, ucciso nel novembre scorso. Esecrazione, per quanto avvenuto in un Paese che sembra ancora lontano dall’intraprendere stabilmente la via verso la pacificazione nazionale, è stata espressa in maniera unanime in tutto il mondo. Primo fra tutti, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, si è detto scioccato dalla brutale uccisione del deputato, condannando fermamente l’attentato, un fatto inaccettabile – ha ribadito – che minaccia gravemente la stabilità del Libano. E proprio alle Nazioni Unite ha chiesto aiuto il premier libanese, Siniora. Il capo del governo ha inviato una lettera a Ban Ki-moon, sollecitando assistenza tecnica per le indagini su quello che ha definito un orribile assassinio. Condanna dell’ignobile atto anche da parte del presidente americano Bush. “Gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi tentativo di intimidire i libanesi – ha detto il capo della Casa Bianca – nel momento in cui intendono esercitare democraticamente il diritto di scegliere il proprio presidente senza ingerenze esterne. Reazioni dello stesso tenore sono giunte anche da Unione Europea, Italia, Grecia, Canada ed altre Nazioni. Anche la Siria ha denunciato l’atto criminale, indirizzato contro gli sforzi di Damasco a favore dell’unità in Libano. Ma proprio la Siria viene accusata, velatamente dagli Stati Uniti, in maniera più chiara dal leader druso, Walid Jumblatt, di essere dietro l’attentato. Infine, il movimento sciita libanese Hezbollah ha definito l’omicidio di Ghanem un colpo alla stabilità e alla sicurezza del Paese.

Per un commento sulla situazione in Libano, dopo il sanguinoso attentato di ieri a Beirut, ascoltiamo il vescovo di Byblos dei Maroniti, mons. Béchara Räi, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3


R. – Ogni volta che ci sembra di andare un po’ avanti, con la speranza di uscire da questo inferno del terrorismo, si ricomincia di nuovo tutto da capo. La gente, quindi, è sempre più depressa e non vede via d’uscita.

 
D. – Le indagini verso quale direzione vanno?

 
R. – E’ ancora prematuro, anche perché il governo ha chiesto al segretario generale dell’ONU di far indagare il Tribunale Internazionale anche sull’assassinio di ieri. Sappiamo, purtroppo, che dietro ci sono tutti coloro che non vogliono la stabilità del Libano. Nel nostro Paese, paghiamo un conflitto regionale che è, però, da inquadrare in una strategia internazionale. Noi non facciamo che pagare per gli altri. Oggi si sa che le conseguenze della guerra in Iraq, che è caratterizzata anche da una guerra confessionale tra sunniti e sciiti, si ripercuote in Libano. Quando si parla di soluzioni, quindi, è necessario parlare - per quanto riguarda la parte sunnita - con l’Arabia Saudita, l’Egitto, gli Stati Uniti e i loro alleati e - per la parte sciita - con l’Iran e la Siria.

 
D. – L’attentato è avvenuto pochi giorni prima delle elezioni del presidente della Repubblica. Che significato assume?

 
R. – Stanno cercando di eliminare, quanto più possibile, coloro che formano la maggioranza, che si oppone agli Hezbollah. Gli assassinii in due anni sono stati 14-15 e hanno interessato tutti membri della maggioranza. Stanno quindi cercando di eliminare voti e suffragi in vista del giorno delle elezioni.

 
D. – Il fronte antisiriano - formato da cristiani maroniti, musulmani sunniti e drusi - a questo punto si sente indebolito?

 
R. – Tutti quanti sono sostenuti dall’esterno. Purtroppo devo accusarli tutti quanti, cristiani e musulmani. Sia quelli che cercano sostegno e supporto da parte sunnita o sciita, sia quelli che puntano all’aiuto da parte occidentale ed orientale: per me sono tutti ugualmente responsabili dei crimini che vengono commessi in Libano. E questo perché ciascuno cerca i propri interessi: il popolo e il Paese intero stanno pagando il prezzo maggiore. Perché queste persone non stanno certo facendo il bene del Libano: né del popolo né dello Stato.

 
D. – Di fronte a questo nuovo attentato, come ha reagito la comunità cristiana libanese?

 
R. – Come tutti i libanesi, siano essi cristiani o musulmani. I libanesi non vogliono più questo sistema di vita, questo modo di condurre la politica. C’è una disgregazione sociale, una disgregazione economica, una disgregazione politica. E c’è un’emorragia. Il popolo è ormai a terra a tutti i livelli e l’emigrazione continua.

 
D. – Qual è l’appello della Chiesa libanese al Paese?

 
R. – Di pacificare i cuori, di rimanere sempre saldi nella fede, di rinsaldare l’unità. Ma l’appello più grande non è rivolto al popolo: l’appello più importante lo abbiamo lanciato ieri, attraverso il comunicato dei vescovi ai responsabili, ai governanti, ai politici. Ed è quello di smetterla con la distruzione del Paese, solo per la realizzazione degli interessi personali, siano essi regionali o internazionali.







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