2007-09-20 12:41:36

La Chiesa celebra la memoria dei martiri coreani


La Chiesa celebra oggi la memoria dei Santi Andrea Kim Taegŏn, Paolo Chŏng e Compagni martiri coreani: in tutto 103 cristiani, quasi tutti laici, uccisi in odio alla fede tra il 1839 e il 1867. Giovanni Paolo II li proclamò Santi il 6 maggio del 1984 durante una Messa solenne a Seoul. Il servizio di Sergio Centofanti.RealAudioMP3


Il cristianesimo arriva in terra coreana dalla Cina nel 1600, attraverso il libro del missionario gesuita Matteo Ricci “La vera dottrina di Dio”. “Una comunità unica nella storia della Chiesa – ha affermato Giovanni Paolo II - perché … fondata unicamente da laici”. Pur senza sacerdoti, la comunità coreana guidata dai laici era piena di fervore e di coraggio.

 
I sovrani coreani del 1800 consideravano il cristianesimo “una follia” e ordinarono lo sterminio di tutti i seguaci di quella “religione straniera” che predicava l’amore dei nemici nel nome di un Dio crocifisso. Si calcola che in meno di un secolo di feroci persecuzioni furono alcune decine di migliaia i martiri cristiani: uomini, donne, vecchi, bambini, ricchi, poveri, nobili e gente del popolo, che nonostante atroci torture non vollero rinnegare la fede.

 
Nell’omelia per la canonizzazione dei 103 martiri coreani Giovanni Paolo II ricordò che a una ragazza diciassettenne, Agatha Yi, e al fratello minore, venne riferita la falsa notizia secondo cui i genitori avrebbero rinnegato la fede. “Il fatto che i miei genitori abbiano tradito o meno è cosa loro – rispose la giovane - Per quanto ci riguarda, noi non possiamo tradire il Signore del cielo che abbiamo sempre servito”. A queste parole, altri sei cristiani adulti si consegnarono volontariamente nelle mani dei magistrati per affrontare il martirio.

 
Andrea Kim è stato il primo sacerdote martire della Corea: arrestato, viene portato davanti al re, rifiutando ogni lusinga di fronte alle richieste di abiura. Torturato, viene decapitato il 16 settembre 1846 a Seoul. Aveva 25 anni. Poco prima di morire aveva inviato ai compagni di fede una lettera dal carcere in cui diceva che i cristiani portano un “nome glorioso”. “Ma a che cosa gioverebbe – si chiedeva – avere un così grande nome senza la coerenza della vita?”. Andrea Kim era convinto che “la Chiesa cresce in mezzo alle tribolazione”. Ma “sebbene le potenze del mondo la opprimano e la combattano, tuttavia non potranno mai prevalere”. Il martire coreano incoraggiava con queste ultime parole i suoi fratelli: “Abbracciate la volontà di Dio e con tutto il cuore sostenete il combattimento per Gesù, re del cielo … vi prego di camminare nella fedeltà; e alla fine entrati nel cielo, ci rallegreremo insieme”.







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