Aperti ieri a Roma i lavori del Consiglio episcopale permanente. Nella prolusione
del presidente della CEI, mons. Angelo Bagnasco, la difesa della vita, della famiglia
ed il senso del Motu Proprio sulla Messa in latino
La difesa della vita, la centralità della famiglia nella società, la ricchezza spirituale
del Motu Proprio di Benedetto XVI. Su queste linee si è articolata la prolusione
del presidente della Conferenza episcopale italiana (CEI), l'arcivescovo di Genova,
Angelo Bagnasco. Un discorso che è stato preceduto dall’adorazione eucaristica presso
la cappella della CEI, a Roma, e che ha segnato l’apertura dei lavori del Consiglio
episcopale permanente. Domani, la conclusione dell’assise che sta affrontando temi
come l’evangelizzazione dei popoli, la cooperazione tra le Chiese e sta preparando
anche il Messaggio per la Giornata per la Vita 2008. Con Benedetta Capelli ripercorriamo
la prolusione di mons. Bagnasco:
Loreto,
l’Austria e le prossime visite pastorali del Papa a Velletri e a Napoli. Mons. Bagnasco
parte dal valore di questi incontri, in particolare dal messaggio lanciato dal Papa
dalla spianata di Montorso, per sottolineare come Cristo sia la speranza e nulla sia
impossibile a Lui. “Ognuno è conosciuto e voluto da Dio e per ognuno Dio ha un suo
progetto”, aveva detto a Loreto Benedetto XVI. Parole che, secondo l’arcivescovo di
Genova, indicano “la via del coraggio umile” come risposta ai “modelli di vita improntati
all’arroganza (...) a scapito dell’essere”. Una vita - e qui risiede il cuore della
prolusione del presidente della CEI- che va difesa sempre:
"Il
valore intangibile della persona e della vita umana, vita che deve essere accolta
e accudita fin dal sorgere, ed amorevolmente accompagnata fino al suo naturale tramonto;
la famiglia fondata sul matrimonio, cellula fondante e inarrivabile di ogni società;
(…) il codice morale che si radica nell’essere profondo e universale dell’uomo e si
esplicita e perfeziona in Gesù. (…) Essi costituiscono l’ethos di fondo (…) dà corpo
a quel senso di reciproco riconoscimento e di comune appartenenza che ci fa sentire
'società'”. Valori che non si possono barattare: “Ogni attentato
alla vita, alla famiglia, alla libertà educativa, alla giustizia e alla pace (…) troverà
sempre - afferma il presidente della CEI - una parola rispettosa e chiara da parte
della Chiesa”. Come è chiara la posizione sulla vicenda di Amnesty international:
"A
proposito della clamorosa inclusione, tra i diritti umani riconosciuti, della scelta
di aborto, magari anche solo nei casi di violenza compiuta sulla donna. Sono derive
che ci rendono ulteriormente avvertiti del pericoloso sgretolamento a cui sono sottoposte
le consapevolezze umane anche più evidenti, e della necessità quindi di una presenza
qualificata a contrastare simili esiti".
Mons. Bagnasco
invita la CEI ad un impegno all’altezza delle sfide. Parla infatti di “un’emergenza
educativa e della difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni i valori base
dell’esistenza” di una società afflitta da uno strano “odio di sè”. “Il clima di materialismo
in cui viviamo tende a sfilacciare le persone” osserva l’arcivescovo di Genova, che
rilancia l’indicazione del Convegno ecclesiale di Verona dello scorso anno: “Raccogliere
e coltivare sempre meglio l’unità della persona”. Nessun astrattismo, dunque, ma una
proposta concreta che porta l’esistenza all’incontro “risanatore e liberante” di Cristo.
Parlando del Motu Proprio, relativo all’uso della liturgia romana anteriore
alla riforma del 1970, mons. Bagnasco ha sottolineato come l’obiettivo di questo pronunciamento
sia "chiaramente tutto spirituale e pastorale”:
"Quella
che il Papa ci sprona ad adottare (…) è dunque una chiave di lettura inclusiva, non
oppositiva. Nella storia della liturgia, come nella vita della Chiesa, c’è “crescita
e progresso, ma nessuna rottura”. (...) In altre parole, è la sollecitudine per l’unità
della Chiesa “nello spazio e nel tempo” la leva che muove Benedetto XVI, una tensione
che fondamentalmente tocca al Successore di Pietro".
Una
leva che ogni cristiano e ogni pastore deve far sua, “senza preclusione ostativa verso
altre forme liturgiche o nei confronti del Concilio Vaticano II”. “Solo così - prosegue
il presidente della CEI - si eviterà che un provvedimento volto ad unire e ad infervorare
maggiormente la comunità cristiana sia invece usato per ferirla e dividerla”. Guardando
alle emergenze italiane come il lavoro, la formazione dei giovani e il problema della
casa, mons. Bagnasco sottolinea l’attenzione della Chiesa e alla collettività chiede
uno slancio per approntare soluzioni abitative, senso di equità alle banche, provvedimenti
adeguati per superare la disomogeneità. Parlando poi degli incendi che hanno devastato
l’Italia, il presule li ha definiti crimini di difficile soluzione che rendono il
vincolo sociale “più friabile” e pertanto ha sottolineato la necessità di una solidarietà
nuove che renda il Paese non-spaesato. Serve, inoltre, “una ricentratura profonda
da parte dei singoli soggetti e degli organismi sociali, sul senso e sulla ragione
dello stare insieme come comunità di destini e di intenti”. Niente compromessi dottrinali
e morali, nella vita cristiana non si può puntare al ribasso e, citando l’esempio
di padre Bossi, mons. Bagnasco mette in luce la vita dei missionari, spesa nella testimonianza
della fede fino anche al martirio, ricordando l’impegno di molti vescovi nelle zone
difficili dell’Italia dove si fronteggia la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta.
La
prolusione dell’arcivescovo Bagnasco ha suscitato ampia attenzione sulla stampa per
i riferimenti espliciti alla vita sociale del Paese, come scuola, lavoro, famiglia,
giovani e per i richiami all’etica nei rapporti tra Stato e cittadini. Il servizio
di Roberta Gisotti:
“In nessun
ambito, neppure in politica, si possono tralasciare, per opportunismo, o convenzione,
o altri motivi, le esigenze etiche intrinseche alla fede”: il monito dell’arcivescovo
Angelo Bagnasco, interpella tutti i cattolici a cambiare rotta rispetto ad “un atteggiamento
di resa - ha osservato il presidente della CEI - che contrassegna tanta prassi sociale”,
“mentre trionfano - ha aggiunto - il divismo, il divertimento spinto ad oltranza,
i passatempi solo apparentemente innocui, il disimpegno nichilista e abbrutente”.
Al nostro microfono, il prof. Carlo Cirotto, ordinario di Biologia
all’Università di Perugia, vicepresidente del MEIC, il Movimento ecclesiale di impegno
culturale. Quale prima reazione a questo richiamo?
R. - Intanto,
andrebbe, secondo me, contestualizzato in tutto il discorso fatto da mons. Bagnasco.
Tutto il discorso mette in evidenza una situazione di disagio, presente in tutta quanta
la società, cominciando dal problema educativo, dai problemi etici, dai problemi perfino
interni alla Chiesa di reazione al Motu Proprio, per esempio. Riguardo a questa
situazione di disagio che ormai è abbastanza chiara un po’ per tutti, mons. Bagnasco
invita i cristiani ovviamente ad una maggiore testimonianza, sollecitandoli ad approfondire
la loro proposta. C’è una frase che ritorna spesso: proporre con semplicità e con
rispetto la proposta cristiana, che è un progetto di vita, un progetto di vita non
soltanto individuale, ma anche un progetto di vita della comunità, che porta al bene
comune.
D. - Mons. Bagnasco afferma che “la componente
sana della società è ampiamente maggioritaria” e si dice convinto che la realtà del
popolo italiano non sia assolutamente rappresentata” “dai fenomeni peggiori a cui
tanta enfasi viene data nella pubblica opinione”. Lei è d’accordo? R.
- Sono perfettamente d’accordo con mons. Bagnasco.
D.
- Come invertire, quindi, questa tendenza negativa di percezione della società italiana?
R.
- Dare una ricetta per questo è difficilissimo. Io direi che se i cristiani prendessero
di più coscienza dell’esigenza di testimonianza come servizio al Paese - e mons. Bagnasco
dice in tutti gli ambiti e quindi l’ambito dell’educazione, l’ambito culturale, l’ambito
politico, l’ambito del dibattito di tutti gli argomenti più scottanti - questo rappresenterebbe
già una proposta positiva.
D. - Mons. Bagnasco si
è soffermato sul concetto di “bene comune”, che lo Stato dovrebbe promuovere, fra
i cittadini se si vuole essere - ha usato questa espressione - un “Paese non spaesato”?
R. - Io credo che volesse intendere questo: se ci si limita
nella nostra convivenza sociale a fare in modo che ognuno possa fare ciò che desidera
- l'importante è che non pesti i piedi a chi gli sta vicino - e che non ci sia nessuna
elaborazione di progetto che porti al bene comune, questo porta sempre e comunque
ad uno sfaldamento.