Un anno fa a Mogadiscio l'assassinio di suor Leonella Sgorbati
Un anno fa veniva uccisa a Mogadiscio, insieme alla sua guardia del corpo, suor Leonella
Sgorbati. La missionaria aveva istituito e gestiva una scuola di infermieri presso
l’ospedale pediatrico della città e in punto di morte invocò il perdono per i suoi
assassini. Benedetto XVI parlando del suo martirio la definì “serva dell’amore" e
“artigiana di pace”. Oggi la Santa Messa di suffragio celebrata dal vicario diocesano
padre Sisto Caccia nella Cattedrale di Piacenza, terra d’origine di suor Leonella.
E le sue consorelle, Missionarie della Consolata, si sono raccolte in preghiera a
Nazaret, villaggio keniota nei pressi di Nairobi dove suor Leonella è sepolta. Silvia
Gusmano ha raggiunto telefonicamente una di loro, suor Maria Bernarda Roncacci:
R. –
Suor Leonella era un tipo molto gioioso, una persona molto vivace, amava il bello,
amava tutti e quindi io la ricordo così: con quel suo entusiasmo ... perché abbiamo
fatto anche il noviziato insieme, quindi siamo state anche insieme appena entrate
nell’Istituto. E poi era tutta donata agli altri!
D.
– Quanto avete lavorato insieme, in Somalia?
R. –
Quattro anni: io ero in Somalia dal 1978 e lei è arrivata gli ultimi quattro anni.
Era venuta in Somalia per aiutare noi, perché avevamo bisogno di una persona che si
dedicasse a preparare infermieri.
D. – Cosa è cambiato
in un anno laggiù, dalla scomparsa di suor Leonella? In che condizioni vivete ed operate
voi missionarie?
R. – Lì in Somalia non siamo ancora
rientrate, perché è molto rischioso, è molto pericoloso. Abbiamo dei contatti, collaboriamo
da Nairobi, ogni tanto viene qualche nostra collaboratrice e quindi lavoriamo un po’
da lontano, li seguiamo, li sosteniamo e la gente ci aspetta però ci dice anche di
aspettare ancora un poco perché è molto rischioso.
D.
– E la scuola di infermieri che era gestita da suor Leonella, a Mogadiscio?
R.
– Va ancora avanti e abbiamo cercato un insegnante somalo che è molto bravo e sta
andando avanti.
D. – E non sapete quando sarà possibile
per voi rientrare a Mogadiscio?
R. – In questo momento
non sappiamo, siamo in attesa. Ci dicono: aspettate ancora un poco, questo poco non
sappiamo ... Siamo un po’ in esilio, diciamo. Specialmente per la gente di Mogadiscio
con cui abbiamo vissuto 30 anni insieme, per cui ci sentiamo in famiglia con loro
e siamo con il cuore lì perché sappiamo la loro sofferenza in questo momento, che
è tanta.
D. – In che consiste la vostra attività
missionaria in Kenya?
R. – Siamo qui a Nairobi, aiutiamo
le sorelle in queste varie missioni che abbiamo qui in Kenya. Aiutiamo dove c’è bisogno:
nella pastorale, nei vari servizi che ci sono ...
D.
– Un’ultima parola su suor Leonella: qual è l’eredità che ha lasciato al mondo cristiano
e a voi missionarie?
R. – Il perdono. L’ha detto
lei stessa, nel testamento: perdono, perdono, perdono! E questo ha inciso molto in
molte persone perché ho sentito molte testimonianze e questo lei lo viveva, questo
perdono: non è stata una parola dell’ultimo momento, ma è stata di tutta la sua vita.
Perché a lei piaceva, questa armonia: quando c’era qualcosa che non andava, lei era
capace di saper subito perdonare e rimettersi subto in armonia con Dio e con il prossimo.
Quindi, aveva questa caratteristica proprio bella ...