Dichiarazione ONU non vincolante sulla protezione dei diritti dei popoli autoctoni
143 voti a favore, quattro contrari e 11 astenuti. Con questa maggioranza schiacciante
l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato una dichiarazione non vincolante che mira
proteggere i diritti di circa 370 milioni di autoctoni nel mondo. Nel 2003, il Forum
permanente sulle questioni indigene dell’ONU aveva pubblicato una serie di raccomandazioni
riguardo ai problemi dei popoli nativi nel mondo, tra cui l’adozione di una “dichiarazione
sui diritti dei popoli autoctoni”, ancora vittime di espulsioni forzate, sfruttamento,
miseria e alcoolismo; dichiarazione che era sul punto di essere approvata nel 2006
dall’Assemblea generale ma che fino a ieri era rimasta lettera morta. Ma quali sono
i punti principali del documento? Quali sono i diritti che vengono tutelati? Salvatore
Sabatino lo ha chiesto a Luciano Ardesi, segretario nazionale della Lega
dei Diritti dei Popoli:
R. –
In primo luogo, la dichiarazione assimila i popoli indigeni a qualunque altra comunità
umana. Ai popoli indigeni, agli individui di queste comunità si applicano tutti i
principi che salvaguardano i diritti individuali proclamati dalle Nazioni Unite, quindi,
anche la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Inoltre, la novità di questa
dichiarazione è che vi è affermato un principio fondamentale, quello dell’autodeterminazione.
I popoli indigeni possono cioè amministrare le proprie comunità, i propri territori
e possono ottenere i mezzi finanziari per mantenere le proprie istituzioni.
D.
– Perché c’è stato bisogno di questo documento? Qual era la situazione dei popoli
indigeni, fino a quando questo documento poi non è stato approvato?
R.
– Da sempre i popoli indigeni sono stati minacciati dall’espansione dell’economia
moderna, prima dalla colonizzazione e poi dalla globalizzazione. L’aspetto più diffuso
è stato naturalmente la privazione delle terre e dei territori su cui vivevano queste
popolazioni per sfruttarne le risorse naturali oppure estendere le vie di comunicazione
e le città.
D. – E’ significativo il fatto che i
voti contrari provengano da Paesi che hanno o hanno avuto numerose popolazioni indigene,
come Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda...
R.
– In questi Paesi vi sono delle comunità indigene molto bene organizzate che, da tempo,
peraltro, rivendicano i propri diritti e utilizzano anche le giurisdizioni nazionali
per fare causa agli Stati e molto spesso anche ottenere vittorie quantomeno parziali.
C’è da dire che essendo questa dichiarazione non obbligatoria per gli Stati è, e sarà
anche in futuro, una linea guida per gli Stati e per le comunità indigene, per regolare
i propri diritti. Si può sperare che questa dichiarazione serva proprio a regolare
questi rapporti sulla base di un reciproco interesse. Voglio ricordare che proprio
in questi mesi si dibatte sui problemi del clima. Ebbene, da sempre, le comunità indigene
insistono sul proprio ruolo fondamentale nel salvaguardare l’ecologia, per salvaguardare
il Creato. Letta in questa maniera, questa dichiarazione può dare anche un grande
contributo alla salvaguardia dell’ambiente.